Ciao a tutti. Oggi voglio condividere con voi una brevissima riflessione tratta dal Salmo 42. Se volete, potete anche leggerla o ascoltarla sul nostro sito bibbiaoggi.it.
Questo è uno dei più bei Salmi del Salterio. È anche diventato un inno di lode che noi cantiamo spesso. In realtà i Salmi 42 e 43 sono un unico Salmo, strutturato in tre parti o strofe: il ricordo del passato; l’esperienza del presente; la speranza del futuro. Cioè il salmista parla di un tempo bello che nel presente non c’è più nella sua vita, perché ci sono dei nemici che lo opprimono e lo scherniscono con una domanda: “Dov’è il tuo Dio?”. Tuttavia egli non dispera, perché vede un futuro luminoso per l’intervento di Dio. Nel Salmo ci sono due dialoghi: un dialogo con Dio e un dialogo con la sua anima, cioè con se stesso.
Il salmista è assetato di Dio e paragona la sua sete a quella della cerva. Il salmista è assetato di Dio; cerca Dio, lo vuole; desidera la sua presenza. Ma lui è uno che crede, uno che ha già Dio, altrimenti non avrebbe scritto questo Salmo stupendo. E allora che cosa desidera, che cosa vuole, che cosa chiede in preghiera? Lui ha bisogno di Dio, non della sua esperienza di Dio. È come se dicesse: “Non mi basta la mia esperienza di Dio; non mi basta il mio Dio solitario; io ho bisogno del Dio che è sì mio ma anche degli altri; non voglio il Dio che è solo mio, della mia vita, ma il Dio della folla, il Dio di quella moltitudine che si reca in festa alla casa di Dio, tra i canti di giubilo e di lode. Di questo Dio l’anima ha sete!”.