Sono le parole pronunciate da Gesù durante la purificazione del tempio di Gerusalemme, che i sinottici pongono poco prima della crocifissione, nell’ultima settimana, mentre Giovanni all’inizio del ministero pubblico (2,13-18). Non entriamo qui nella discussione se le purificazioni siano due o una. Giovanni riferisce che Gesù sale a Gerusalemme perché si avvicina la festa di Pasqua dei giudei. L’evangelista vuole così sottolineare sin da subito sia la grande novità del messaggio di Gesù sia la continuità con la predicazione dei profeti. L’episodio s’inserisce chiaramente in un contesto pasquale, nella prima delle tre pasque di Gesù a Gerusalemme ricordate da Giovanni. Gesù entra nel tempio (hieron), nel cortile dei gentili, e vi trova gente che vende buoi, pecore e colombe, e i cambiamonete là seduti. I primi vendono animali per i sacrifici del tempio (il particolare dei buoi e delle pecore è proprio a Giovanni); i secondi, dietro compenso, scambiano la moneta romana, non spendibile per le cose del tempio a motivo del suo contenere l’effigie dell’imperatore con la scritta che lo proclama divino, con la moneta ufficiale del tempio. I numerosi pellegrini che arrivano da ogni parte, non solo dalla Giudea, devono procurarsi in loco gli animali da offrire in sacrificio, se non li recano dalle loro città, e pagare la tassa di mezzo siclo al tempio, come prescritto. Spesso però essi dispongono solo di denaro romano o di altri paesi: tutte monete non ammesse al tempio perché coniate con effigi pagane. Ecco la ragione che spiega il perché della presenza nelle vicinanze del tempio di un mercato (emporion, luogo di commercio): mercanti di bestiame e cambiavalute. Gesù fa una frusta di cordicelle e scaccia tutti fuori dal tempio, pecore e buoi. Getta a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovescia i banchi. Si mostra meno severo e più paziente verso i venditori di colombe: gli animali offerti in sacrificio dai poveri. Il gesto di Gesù ha una valenza simbolica, che non vuol dire romanzato o fantasioso. Al contrario, l’atto spettacolare rinvia a significati profondi e ricchi, carichi di conseguenze per la vita della comunità. Con la cacciata dei mercanti dal tempio, Gesù s’inserisce nella tradizione profetica e ne riprende il linguaggio e gli atteggiamenti. Il suo scopo non è scardinare il culto israelitico, ma riportarlo alla purezza originaria: impedire il mercato del sacro, evitare che certe pratiche spirituali siano mercanteggiate e si scada nella superstizione e formalismo. Il suo è un atto profetico in sintonia con Geremia, il quale lamenta che la casa di Dio sia ridotta a una spelonca di ladri (7,11), e con la parola di Zaccaria, che profetizza la scomparsa dei mercanti dalla casa di Dio (14,21). Atto profetico che i discepoli leggono, dopo la risurrezione, motivato da zelo e passione per le cose di Dio. Il suo gesto ha un significato unico, particolare, per la relazione unica che egli ha con colui che chiama “Padre mio”.
Qual è il mercato che scandalizza Gesù? Qual è la compravendita che Gesù non può sopportare? In che misura questo episodio riguarda le chiese? È vero che oggi il tempio o casa di Dio è la chiesa e il cristiano, ma ciò non toglie che il pericolo di ricreare un mercato del sacro possa interessare pure il cristianesimo. Non penso soltanto alla vendita delle indulgenze, una pratica riprovevole quanto ai significati, ai contenuti teologici, e ai metodi usati per attuarla, ma anche a tutte quelle forme palesi o nascoste di mercato delle cose di Dio. I doni di Dio sono tutti gratuiti; e la salvezza è per grazia, è dono di Dio. Il vangelo poi ci invita a dare gratuitamente, poiché gratuitamente abbiamo ricevuto. Allora non si capisce perché la “preghiera di guarigione” e quella di “liberazione” abbiano un costo in denaro: il guaritore o esorcista di solito opera solo dietro compenso. Il gesto di Gesù interpella gli atti del nostro culto e la vita di chiesa, perché ogni cosa glorifichi Dio ed edifichi il fratello, e non diventi invece occasione per ricreare il “mercato del tempio”, al fin di ottenere un guadagno economico. Ogni luogo dove s’invoca il nome di Dio può diventare, per amore del dio denaro e in nome del guadagno, luogo di sfruttamento del divino, del sacro. C’è poi un mercato altrettanto importante su cui porre l’attenzione: è quello che si svolge dentro i cuori. È nel cuore, vero tempio di Dio, che avviene la compravendita che riguarda il modo di concepire e di condurre la vita di fede. Il gesto di Gesù denota chiaramente una consapevolezza che non si danno istituzioni, sociali ed ecclesiali, esenti dal grande rischio di tramutarsi in comitati di affari. Senza dubbio questa pagina del vangelo interpella il nostro modo di gestire gli edifici di culto dove la chiesa si riunisce, perché diventino davvero luoghi di preghiera e d’incontro con Dio.