Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

Nei suoi discorsi a Israele, Mosè dà anche delle istruzioni in merito alla guerra. Non si tratta di un manuale sulla guerra, ma di regole che il popolo di Dio doveva osservare in caso di guerra. Nei libri di storia si studia la guerra, perché la pace non fa notizia e occupa poco spazio. Purtroppo ancora oggi le nazioni imparano la guerra. La politica è incapace di dare risposte e il più delle volte la soluzione delle tensioni passa attraverso il conflitto. La storia e i milioni di morti in guerra non ci hanno insegnato niente. Dietro tante “guerre giuste” in realtà si nascondono interessi economici e geopolitici. È lontano il tempo prospettato dal profeta Isaia in cui le nazioni non impareranno più la guerra e trasformeranno le loro armi in strumenti per l’agricoltura (2,4). Non deve sorprendere che la Bibbia parli di guerra. Israele è nei pressi della terra promessa e dovrà conquistarla, cacciando le nazioni che la abitano; presto sarà una nazione, avrà un territorio con dei confini, e la possibilità della guerra è piuttosto reale. Ma anche in queste istruzioni che hanno per tema la guerra si parla, ad esempio, di pace e di rispetto per gli uomini e il creato. Con questo discorso Mosè vuole ricordare a Israele la guida e la presenza di Dio anche in caso di guerra (subita o necessaria, ma non ogni guerra) e richiamare a un’agire coerente e responsabile poiché è il popolo di Dio.


Non temere il nemico (20,1-4). Il Signore, tuo Dio, è con te: ecco il punto di queste prime istruzioni. Non ci sono particolari strategie militari o attenzione sulle armi e sui cavalli, carri e cavalieri, come nei manuali sulla guerra. C’è un richiamo a confidare nel Dio del patto che li ha liberati dall’Egitto. Tutta la vita del popolo, in ogni suo aspetto, è governata da Dio e sotto la sua protezione, se Israele è fedele al Signore. In caso di guerra, il Signore è in mezzo a loro, non li abbandona, anzi combatte con loro. E la vittoria è certa. La presenza del sacerdote che parla al popolo prima della battaglia è la prova che Dio è con il suo popolo anche in guerra. Le molte sconfitte nella storia dell’Israele biblico dimostrano che non ogni guerra era voluta da Dio e non sempre il popolo gli era fedele. La presenza di Dio non è scontata e non c’è nessun automatismo: Dio governa gli eventi, compreso la vita e la morte, ed egli solo decide quando e dove manifestare la sua potenza.


L’esonero di alcuni dalla guerra (20,5-9). La guerra azzera tutto, sospende ogni cosa. In caso di guerra, in tempi recenti, è stata sospesa persino l’ora legale. Quando si è in guerra anche le donne e i bambini sono chiamati a combattere. La televisione ci ha ormai abituati all’immagine dei bambini guerrieri, pronti a morire. Non è così per Israele: ci sono delle categorie di persone che vengono esonerate. Godere la vita con la propria moglie appena sposata è più importante della guerra. Raccogliere il frutto della vigna appena piantata è più importante dell’andare in guerra. Abitare la casa appena ultimata è più importante della chiamata alle armi. Questo testo mostra una sensibilità particolare verso la vita a discapito della morte, che in guerra è resa possibile a chiunque. C’è attenzione persino verso chi ha paura della guerra e sente il suo cuore venir meno: è esonerato dall’andare in guerra anche per non scoraggiare altri.


Trattare la pace prima della guerra (20,10-18). L’atteggiamento d’Israele nei confronti delle città dovrà essere duplice: provare a praticare la pace con le popolazioni che non occupano la terra di Canaan; fare la guerra con chi la abita. Lungo il suo cammino verso la terra promessa il popolo d’Israele ha incontrato città fortificate, e nel corso della storia del regno è entrato in contatto con nazioni al di fuori del paese di Canaan, popolazioni “lontane da te”. In questi casi, Mosè chiede a Israele di usare la guerra, se necessaria per farsi strada o difendersi, solo come extrema ratio, privilegiando una politica di pace. Nel caso la città rifiuti la pace, allora potrà essere assediata, ma bisognerà usare attenzione, umanità e compassione, verso le donne, i bambini e il bestiame. Invece per quanto riguarda le città e i popoli che vivono nel paese di Canaan bisogna sterminare tutti, “non conservare in vita nulla che respiri”, estirpare l’idolatria sin dalle radici. Il motivo di questo duro trattamento: evitare che la continua presenza di popoli pagani idolatri in mezzo a Israele diventi per il popolo di Dio motivo di peccato e di caduta nell’idolatria.


Non distruggere gli alberi (20,19-20). Le istruzioni di questo capitolo terminano con un’inaspettata attenzione ecologica: è posto un limite alla logica della completa distruzione degli alberi da frutto in caso di guerra. Devastazione, guerra, morte non devono essere né la prima né l’ultima parola.

Paolo Mirabelli

13 febbraio 2021

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“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

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