Siamo nel capitolo 6 del vangelo di Giovanni, il discorso di Gesù nella sinagoga di Capernaum sul pane della vita. È un capitolo pieno di immagini e di metafore; un capitolo con rimandi alla storia dell’esodo, all’episodio della manna che Dio provvedeva al popolo d’Israele durante il cammino nel deserto (che diventa la grande metafora del nostro cammino di fede). Per questo motivo non è un capitolo di facile comprensione, se non alla luce della storia della salvezza, del contesto evangelico e della “teologia giovannea”. Nella parte conclusiva del discorso, Gesù fa questa affermazione: “È lo Spirito che vivifica; la carne non è di alcuna utilità; le parole che vi ho dette sono spirito e vita” (6,63). Per alcuni queste parole di Gesù sono la citazione di un proverbio popolare, un mashal; per altri, che ricorrono alla retorica, si tratta di due emistichi paralleli di forma contraria, seguiti da una applicazione pratica adatta al caso. A noi importa semplicemente capire le parole di Gesù (che sono spirito e vita) così come sono riportate nel vangelo. Il senso del versetto è chiaro: non la carne, ma lo Spirito dà vita; e questo è un dato che noi stessi possiamo constatare ogni giorno della nostra vita. In questo discorso Gesù usa due binomi (due coppie di vocaboli, due endiadi): Spirito e vita; carne e sangue. Tra Spirito e carne vi è qui opposizione; tra carne e sangue invece vi è unione. Con queste parole Gesù intende mostrare la potenza dello Spirito e la debolezza della carne.
Chi dice carne, dice fragilità e debolezza. “La carne è debole”, dice Gesù (Matteo 26,41). La carne non può dare la vita. Chi dice carne, dice l’uomo. E l’uomo senza lo Spirito è polvere (Genesi 2,7). “Ogni carne è come l’erba e tutta la sua gloria come il fiore del campo” (Isaia 40,6). Chi dice carne, dice l’uomo nella sua natura carnale contrapposta a quella spirituale. La carne (l’uomo) non può da sé conoscere e comprendere le verità di Dio, se non tramite lo Spirito.
Spirito in ebraico si dice ruah, e significa vento, spirito. Anche in greco la parola spirito (pneuma) ha lo stesso significato, come ci ricorda il capitolo 3 del vangelo di Giovanni, il dialogo tra Gesù e Nicodemo. Secondo la Bibbia, il primo effetto della presenza dello Spirito è la vita. Così avvenne per il primo uomo, Adamo: “Dio il Signore formò l’uomo dalla polvere della terra, gli soffiò nelle narici un alito vitale e l’uomo divenne un’anima vivente.” (Genesi 2,7). Così avviene per ogni altro uomo: è lo Spirito di Dio che fa vivere. Chi nasce dalla carne è carne; mentre chi nasce dallo Spirito è spirito (3,6). Senza lo Spirito l’uomo (e ogni altro essere vivente) muore (Giacomo 2,26). Nel libro di Giobbe si dice che se Dio, il Creatore, “ritirasse a sé il suo Spirito e il suo soffio, ogni carne perirebbe all’improvviso e l’uomo ritornerebbe in polvere.” (34,14-15). Quando una persona muore si dice che “è spirata”. Rimettere lo spirito nelle mani di Dio equivale a morire: “Gesù, gridando a gran voce, disse: Padre, nelle tue mani rimetto lo spirito mio. Detto questo, spirò.” (Luca 23,46). In Ezechiele 37 (la visione della valle piena di ossa) l’immagine della vita viene presentata e descritta come il ritorno dello Spirito nella carne e nelle ossa.
Come lo Spirito comunica la vita a ciò che è morto, così le parole di Gesù comunicano una nuova vita a chi crede in lui. Non c’è nessun altro, oltre a Gesù, che può comunicare la vita tramite le sue parole. Le parole alle quali Gesù si riferisce sono innanzitutto quelle dette in questo discorso (e per estensione anche in altri contesti): la verità sulla sua messianicità e identità, la sua provenienza dal Padre e il suo essere il vero pane della vita. Ascoltare Gesù non è indifferente. Ascoltare Gesù non è come ascoltare uno dei tanti grandi uomini del passato o del nostro tempo. Chi lo ascolta e crede in lui, ha la vita; chi non lo ascolta e non gli crede, rimane nella morte e va in giudizio. Soltanto le sue parole sono spirito e vita. Nelle sue parole troviamo anche libertà e verità (8,32). Le sue parole sono giudicate dure persino dai suoi discepoli (6,60), eppure sono parole di “spirito e vita”. Il testo greco dice che a essere giudicato duro dai suoi è il logos (forse un rimando al prologo): ciò significa che forse il vero scandalo è l’incarnazione di Gesù, capire come il Logos che era nel principio, che era con Dio ed era Dio (1,1), è diventato un uomo. Senza lo Spirito di Dio, l’uomo (la carne) non può capire la verità sulla persona di Gesù e la sua opera, come non può conoscere o capire Dio, se non gli è rivelato dal Figlio. A Pietro, Gesù dice: “Non la carne o il sangue ti hanno rivelato questo, ma il Padre mio che è nei cieli” (Matteo 16,17). E l’apostolo Paolo aggiunge che “nessuno può dire che Gesù è il Signore se non per lo Spirito Santo” (1 Corinzi 12,3).