Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

Il primo giorno degli azzimi Gesù manda dei discepoli a Gerusalemme da un tale a dirgli: “Farò la Pasqua da te con i miei discepoli” (Matteo 26,17-18). Per capire bene il senso delle parole di Gesù, rivediamo in breve il significato della Pasqua nella Bibbia, dalla sua istituzione nel libro dell’Esodo ai vangeli. Poiché le parole di Gesù sono rivolte a una persona senza nome, ognuno può identificarsi con quel tale del vangelo e accogliere quelle parole come se fossero rivolte a se stesso.


La Pasqua fu istituita da Dio in Esodo 12. È detta anche la festa degli azzimi, perché nei sette giorni della festa, ovvero dal 14 al 21 giorno del primo mese (il mese di Nisan), bisognava mangiare pane azzimo, non lievitato. Quella notte gli ebrei in Egitto dovevano consumare la Pasqua in fretta, con i fianchi cinti, i sandali ai piedi e il bastone in mano, perché il Signore avrebbe colpito l’Egitto con la morte di tutti i primogeniti, tanto degli uomini quanto degli animali, ma risparmiato le case dei figli di Israele, dove sui due stipiti e sull’architrave delle porte era sparso il sangue dell’agnello. La festa di Pasqua doveva dunque ricordare la liberazione dall’Egitto. Altri testi del Pentateuco parlano della Pasqua. Però nel resto dell’Antico Testamento sono poche le celebrazioni della Pasqua. Sorprende notare che nella storia ebraica, dall’esodo fino al ritorno dall’esilio babilonese, siano attestate poche feste di Pasqua. Le Pasqua attestate sono: prima della conquista di Gerico (Giosuè 5,10-11); durante la riforma del re Giosia (2 Re 23,21-23); al tempo di Ezechia (2 Cronache 30); al ritorno dall’esilio (Esdra 6,19-22); un accenno alla Pasqua si trova pure in Ezechiele 45,21-24.


Pasqua, in ebraico Pesah, significa “passaggio”: il passare oltre dell’angelo. La festa di Pasqua era la più importante delle solennità ebraiche, perché era la festa della liberazione dall’Egitto e perché con essa era iniziato l’esodo verso la terra promessa. L’esodo e la festa di Pasqua sono per così dire l’evento fondante o l’atto di nascita di Israele come popolo. L’Antico Testamento parla spesso di Dio come salvatore e liberatore di Israele dall’Egitto. Nel primo comandamento si dice: “Io sono il Signore, il tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla casa di schiavitù.” (Esodo 20,2).


Al tempo di Gesù la Pasqua era la festa principale degli ebrei. Nella notte di Pasqua si ricordava la liberazione dall’Egitto, la fine della dura schiavitù egiziana. Con l’esodo gli ebrei collegavano tutta la storia della salvezza. In occasione della notte pasquale il Targum Palestinese a Esodo 12 celebra la creazione del mondo, la vocazione di Abramo, il sacrifico di Isacco (“La legatura di Isacco”), la liberazione dall’Egitto, i tempi messianici ed escatologici. La notte di Pasqua non era solo il ricordo dell’esodo, ma un insieme di momenti della storia della salvezza. Non un semplice ricordo storico di un fatto passato, ma una partecipazione attraverso il rito all’evento salvifico compiuto da Dio per il suo popolo. Al figlio che domandava il significato del rito compiuto nella notte di Pasqua, il padre rispondeva: “Questo è il sacrificio della Pasqua in onore del Signore, il quale passò oltre le case dei figli d'Israele in Egitto, quando colpì gli Egiziani e salvò le nostre case.” (Esodo 12,27).


I vangeli dedicano molto spazio all’ultima Pasqua di Gesù e al cammino verso Gerusalemme, dove si compiono gli eventi salvifici: passione, morte e risurrezione. Gerusalemme è anche il luogo che, dopo la risurrezione e la discesa dello Spirito Santo (di cui parla gli Atti degli Apostoli), segna l’avvio della salvezza a tutte le genti. In questi eventi è evidente il richiamo al tema dell’esodo. Il cammino di Gesù verso Gerusalemme richiama il cammino di Israele nel deserto. Il cammino di Israele è segnato da continue ribellioni a Dio, invece quello di Gesù è segnato da umile e profonda ubbidienza alla volontà del Padre. È durante la festa di Pasqua che Gesù compie la salvezza del mondo con la passione, la morte e la risurrezione. Tra tutte le feste ebraiche istituite nell’Antico Testamento la Pasqua è quella che meglio esprime il significato della salvezza compiuta dal Cristo sulla croce. L’esodo dall’Egitto e la liberazione degli ebrei dalla schiavitù egiziana rimandano al nuovo esodo e alla liberazione dal peccato e dalla morte compiuti da Gesù Cristo. È nel contesto della celebrazione pasquale che si inserisce la Cena del Signore con le parole sul sangue versato per i peccati di molti. È alla croce di Cristo che si realizzano le parole di Giovanni Battista pronunciate all’inizio del ministero di Gesù: “Ecco l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo!” (Giovanni 1,29). Anche la prima lettera di Pietro (1,18-20) e l’Apocalisse (5,6) parlano di Gesù come l’umile agnello che con il suo sangue ha fatto l’espiazione dei nostri peccati e ci ha salvati.

Paolo Mirabelli

19 marzo 2024

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“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

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