Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

La parola “messianismo”, che deriva dal termine “Messia”, è oggi molto usata in ambito teologico ed ecclesiale (in passato era molto usata anche in ambito politico) e indica l’aspettazione o l’attesa di un mutamento radicale della condizione umana, che porti a una qualche forma di liberazione da certe condizioni di vita precarie in cui vive tanta gente. Il vocabolo “Messia” è un termine biblico, legato al linguaggio e al pensiero ebraico, o meglio al vocabolario ebraico dell’Antico Testamento. Dal punto di vista linguistico, “messia” è la trascrizione in italiano (passando attraverso il greco e il latino) del termine ebraico “masiah” (pronuncia, mashiah). Si tratta di un aggettivo verbale passivo collegato ai tre radicali “msh” che esprimono l’unzione fatta con olio; oggi si dice “consacrazione”. Nell’Antico Testamento il vocabolo “messia” lo troviamo applicato di solito a due tipi di persone: i re e i sacerdoti, entrambi venivano unti (consacrati) con olio. L’immagine che balza subito in mente è quella di Samuele che unge il giovane Davide: “Il Signore disse a Samuele: Alzati, ungilo, perché è lui. Allora Samuele prese il corno dell’olio e lo unse in mezzo ai suoi fratelli” (1 Samuele 16,12-13). Anche del sommo sacerdote o del sacerdote si diceva che era una persona consacrata, unta con olio, come ad esempio in Levitico: “il sacerdote che ha avuto l’unzione” (4,5). L’unico personaggio menzionato nell’Antico Testamento che non rientra in queste due categorie (i re e i sacerdoti), e che non è nemmeno ebreo, a cui è attribuito il titolo di “unto” è il re Ciro, chiamato “l’unto del Signore” (Isaia 45,1), per la funzione di liberatore del popolo di Israele che Dio gli ha dato.


Il titolo “Messia” si trova solo due volte nell’Antico Testamento (Daniele 9,25-27), ma l’idea di un unto mandato da parte di Dio è ben attestata: tutto l’Antico Testamento è proteso verso la venuta del Messia; i profeti hanno sempre animato la speranza messianica. L’attesa del Messia costituiva l’asse o il motivo portante dell’attesa di Israele. Persino i samaritani, che avevano solo la legge di Mosè (il Pentateuco Samaritano), aspettavano la venuta del Messia, come si evince dalle parole della donna samaritana a Gesù (Giovanni 4,25). Al tempo di Gesù il termine “Messia” e il suo significato erano ormai entrati nell’uso corrente. Nel giudaismo però il titolo “Messia” fu adoperato per indicare un futuro liberatore di Israele. Il pensiero giudaico intertestamentario sviluppò una propria visione o lettura sul Messia e sulle attese messianiche: emerse in modo prevalente, se non esclusivo, l’idea di un liberatore politico, guerriero e conquistatore. La letteratura apocrifa e apocalittica rabbinica, che si sviluppò prima della venuta di Gesù, tendeva a far prevalere l’aspetto politico e trionfalistico del Messia e a ignorare, per esempio, il perdono dei peccati o l’idea di un Messia sofferente e servo. Data l’aspettativa della venuta di un Messia politico, salvatore del suo popolo, non stupisce che ci siano stati diversi personaggi tra gli ebrei che applicarono a se stessi o ad altri il titolo di “Messia”. L’ultimo è un certo Simone Bar-Kokebah, verso il 130 dopo Cristo.


Nel Nuovo Testamento il titolo “Messia” viene applicato unicamente a Gesù di Nazaret. Il vocabolo ebraico “Messia” compare solo due volte, in Giovanni 1,41 e 4,25, ed è riferito a Gesù, e tutte e due le volte viene data dall’evangelista la traduzione greca “Christos” del participio passivo ebraico. In lui (Gesù) c’è l’adempimento di tutte le predizioni dell’Antico Testamento sul messianismo (inteso nel senso biblico). Alla domanda della commissione d’inchiesta inviata da Gerusalemme, Giovanni il Battista risponde: “Non sono io il Cristo” (Giovanni 1,20). I vangeli, e tutto il Nuovo Testamento, invece attestano e confessano concordemente che Gesù è il Messia atteso e predetto dalle Scritture. Matteo e Marco iniziano i rispettivi vangeli parlando di Gesù Cristo. Matteo parla di “Gesù detto il Cristo” (1,16) e Marco del “vangelo di Gesù Cristo” (1,1). In Giovanni è Andrea, fratello di Simon Pietro, che dice: “Abbiamo trovato il Messia” (1,41). Alla domanda di Gesù ai discepoli, “voi chi dite che io sia?”, Pietro risponde: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Matteo 16,15-16). Per gli scrittori del Nuovo Testamento il vocabolo (o titolo) “Cristo” viene associato al nome proprio “Gesù” e diventa una denominazione di uso comune, frequente. In molti passi paolini “Cristo” da attributo aggiunto al nome personale diventa esso stesso un nome: sia usato da solo con l’articolo, “il Cristo”, sia senza articolo, “Cristo”, come per esempio in Romani 5,6. Paolo usa spesso anche premettere il nome “Cristo” al nome “Gesù”: “Cristo Gesù”, con o senza articolo (Romani 1,1). Noi cristiani confessiamo, in tutte le nostre lingue, che “Gesù Cristo è il Signore” (Filippesi 2,11).

Paolo Mirabelli

22 maggio 2023

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“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

Trova il tempo per pensare; trova il tempo per dare; trova il tempo per amare; trova il tempo per essere felice. La vita è troppo breve per essere sprecata. Trova il tempo per credere; trova il tempo per pregare; trova il tempo per leggere la Bibbia. Trova il tempo per Dio; trova il tempo per essere un discepolo di Gesù.