Quando apriamo e leggiamo l’Apocalisse, l’ultimo libro della Bibbia, pensiamo subito alla fine del mondo. Nel nostro immaginario il termine “apocalisse” significa cataclismi, terremoti, pestilenze, guerre, pandemie, siccità, catastrofi celesti, fine del mondo e instaurazione di un nuovo ordine di cose. Sin dall’antichità, passando per il Medioevo, non sono mancati coloro che si sono appellati al libro dell’Apocalisse per parlare della fine del mondo e stabilire delle date sul calendario. Invece il termine greco “apokalypsis” significa semplicemente “rivelazione”. L’Apocalisse è “la rivelazione di Gesù Cristo, che Dio gli diede per mostrare ai suoi servi le cose che debbono avvenire tra breve” (1,1). Certamente l’Apocalisse parla della fine, richiama un tempo lineare, una storia che cresce e tende verso una fine e un fine (uno scopo). Non solo l’Apocalisse ma, per così dire, tutta la Bibbia parla della fine del mondo: si parla di un arche (un principio), di un telos (una fine) e di un eschaton (una finalità, un fine). Quando la Bibbia parla della fine non lo fa per farci vivere nell’ansia e nel terrore, non lo fa per farci fuggire dal mondo e dalle nostre responsabilità, rifugiandoci su una isola deserta o su una montagna, non lo fa perché vuole che noi stabiliamo delle date sul calendario, ma lo fa per invitarci a essere vigilanti e pronti ad accogliere la venuta del Signore, lo fa per spingerci alla missione e a una vita di preghiera e meditazione. Il discorso sulla fine è in funzione dell’oggi. Concentrarsi, dunque, soltanto sulla fine del mondo fa perdere tutti gli altri insegnamenti edificanti e consolanti che lo Spirito ci ha dati tramite questo libro.
L’Apocalisse non è stata scritta per appagare il desiderio e la curiosità di quanti vogliono sapere il futuro per fare delle speculazioni o delle predizioni profetiche; non è stata scritta per rivelare ciò che Gesù ha voluto tenere nascosto. L’Apocalisse offre la visione del senso che hanno gli eventi della storia: una lettura degli eventi alla luce della morte e risurrezione di Gesù Cristo. In essa si parla della vittoria di Dio proprio attraverso la morte e la risurrezione del Figlio, della adesione o della opposizione che si dà a quell’evento che è il centro della storia. L’adesione a Gesù Cristo è il principio di identità della chiesa, rappresentata dalle sette chiese: Efeso, Smirne, Pergamo, Tiatiri, Sardi, Filadelfia e Laodicea. L’Impero Romano vede nel sorgere del cristianesimo un avversario al culto imperiale, e risponde con la persecuzione. La fede dei cristiani diventa così fedeltà fino alla testimonianza, al martirio, alla morte. Nonostante ciò, l’Apocalisse parla della presenza di Dio nel mondo: il Signore non ha perso il controllo della storia e non ha abbandonato i suoi fedeli.
Nei primi tre capitoli del libro, con il settenario delle lettere alle chiese, il Cristo risorto parla alle chiese con un messaggio profetico che chiama alla conversione: correggere gli errori e i peccati che hanno al loro interno e far vincere l’amore. I capitoli 4 e 5 formano una grande sinfonia di apertura nella quale sono presentati tre paradigmi o scene: Dio seduto sul trono, il libro dei sette sigilli e il Cristo-agnello. I capitoli che seguono (fino al 22) presentano la chiesa nel mondo alle prese con gli avvenimenti della storia. Il libro viene aperto nella successione dei sigilli dall’Agnello che, investito del suo ruolo messianico e in quanto Signore della storia, svela e attua il piano di salvezza di Dio. Nell’Antico Testamento Dio è il pastore di Israele; nel vangelo di Giovanni Gesù è il pastore delle pecore che conduce alle sorgenti di acqua viva. Gesù è il buon pastore e, aggiunge Apocalisse, è anche l’Agnello, sgozzato e nuovamente vivo, che conduce i suoi fratelli alla salvezza.
Alle potenze imperiali avverse al piano di salvezza di Dio supplisce il Serpente antico o Dragone, cioè il Diavolo o Satana, che usa le potenze politiche e religiose come strumento di lotta contro Dio e contro i cristiani. È la lotta del male contro il bene; è la lotta delle forze e dei sistemi umani del mondo contro il Regno di Dio. Tutti costoro (potenze umane e diaboliche) combatteranno contro l’Agnello, ma l’Agnello li vincerà, perché è il Signore dei signori e il Re dei re, e vinceranno anche quelli che sono con lui: i chiamati, gli eletti, i fedeli. Satana è vinto. La morte è vinta. Mentre tutti i cristiani fedeli hanno parte con Dio per sempre. L’Apocalisse si chiude con l’immagine della nuova Gerusalemme, alla cui luce cammineranno le nazioni, cioè i pagani, il che significa che del popolo di Dio possono far parte tutti. Al grido dei fedeli: “Vieni, Signore Gesù!”, il Signore risponde tre volte: “Ecco, io vengo presto”. La grazia del Signore sia con tutti. L’Apocalisse non è solo un libro di profezie sulla fine, ma è anche un libro di edificazione, di preghiera e di attesa.