Il capitolo 7 della prima lettera di Paolo ai Corinzi risponde a domande e questioni che la comunità gli ha sottoposto: “Riguardo alle cose che avete scritto” (7,1). Tra le altre, si parla di matrimonio e di verginità, meglio di vergini (Paolo non usa mai il vocabolo verginità, che è usato una sola volta nel Nuovo Testamento in Luca 2,36). Paolo afferma qui l’importanza del matrimonio contro le tendenze ascetiche presenti a Corinto che ne svalutavano il valore ed esaltavano il celibato come via migliore per una vita consacrata. L’apostolo parla pure delle donne vergini come una condizione di vita che permette di dedicarsi senza distrazioni al Signore. La cosa più importante, comunque, consiste nel vivere il proprio dono e nel rispondere alla vocazione del Signore. Come predetto dal Nuovo Testamento (1 Timoteo 4,3 e altri testi), nei secoli successivi agli apostoli, le tendenze ascetiche torneranno a farsi sentire nella chiesa, tanto che si stabilirà il celibato come condicio sine qua non per l’accesso ai ministeri, nonostante l’insegnamento degli apostoli parli degli anziani o vescovi e dei diaconi come di uomini sposati, e la verginità come condizione spirituale migliore da preferire al matrimonio, sebbene la lettera agli Ebrei insegni che il matrimonio debba essere onorato da tutti (13,4). Ma torniamo al nostro brano e cerchiamo di cogliere, senza influenze teologiche, il puro e semplice insegnamento dell’apostolo Paolo.
“Io voglio che voi siate senza preoccupazioni” (7,32). È da questa premessa che l’apostolo parte per istruire i cristiani di Corinto. Gesù nel sermone della montagna parla delle ansietà per le cose della vita che minano il cammino di fede del discepolo (Matteo 6,25-34). Paolo invita tutti ad avere un comportamento lineare nel proprio stato di vita, conforme alla propria vocazione, senza ansietà o preoccupazioni (amerimnos) che dividano l’animo. Questo è più facile in chi non è sposato, perché si preoccupa soltanto del Signore ed è tutto proteso verso le cose di Dio; mentre chi è sposato si preoccupa delle cose del mondo, di come piacere alla moglie o al marito. Per cose del mondo qui s’intende quelle provvisorie di questa vita; cose che non hanno in sé nulla di peccaminoso: non sono sinonimo di “mondanità”, ma indicano tutto ciò che è legato alla cura del rapporto con la moglie o il marito. Mentre per cose del Signore s’intende quelle dei valori spirituali ed eterni. È un fatto innegabile che un cristiano o una cristiana (bisogna purtroppo aggiungere “fedeli”, poiché non è detto che un cristiano sia fedele) non sposati abbiano più tempo, energie e risorse da dedicare al Signore, senza molte distrazioni. Chi è sposato ha degli obblighi coniugali e famigliari da assolvere che il non sposato non ha. Il punto del ragionamento di Paolo verte dunque sul fatto che l’uomo è diviso perché cerca di piacere (aresko) al Signore (7,32) e di piacere (aresko) alla moglie (7,33). Certamente chi è sposato piace al Signore, ma è indubbio che sia più distratto dalle cose del mondo nella sua vita spirituale e ministeriale; mentre il singolo è avvantaggiato. Va pure detto e ricordato però che l’essere sposato dà spesso dei vantaggi nel ministero (per questo motivo ai conduttori delle chiese locali è richiesto di essere sposati), soprattutto quando il servo di Dio ha a che fare nella cura pastorale o nell’evangelizzazione con donne giovani.
“Anche la donna è divisa” (7,34). La stessa differenza che esiste tra uomini sposati e celibi (7,32-33) esiste pure tra la donna sposata e la donna non sposata e la vergine (7,34). Il miglior commento a queste parole dell’apostolo è ripeterle. La donna non sposata o la vergine si preoccupa delle cose del Signore, di come essere santa nel corpo e nello spirito. La donna maritata invece si preoccupa delle cose del mondo e di come piacere al marito. La donna vergine è santa come la donna non sposata e non è più santa della donna sposata: ha solo meno distrazioni dalla vita ed è più libera da impegni nel ricercare la santità di corpo e di spirito.
“Dico questo nel vostro interesse; non per tendervi un tranello, ma in vista di ciò che è decoroso e affinché possiate consacrarvi al Signore senza distrazioni” (7,35). Anche qui le parole di Paolo si commentano da sé. Il suo discorso è a beneficio dei corinzi. Non è un laccio per far cadere qualcuno in trappola, come nella caccia. Il suo obiettivo è evitare qualunque distrazione (aperispastos) nel servizio al Signore. L’apostolo dunque invita ciascuno a vedere il proprio stato di vita come una vocazione da parte del Signore, alla quale dare risposta con una vita autentica, coerente e non divisa. E ciò è possibile solo nell’ascolto consapevole, continuo e profondo della Parola di Dio.