Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

Paolo scrive la prima lettera ai Corinzi probabilmente verso la fine del 55 e gli inizi del 56, non vi sono tuttavia indizi certi per datare la lettera con precisione. In essa affiorano molteplici questioni e tanti problemi che si verificano nella comunità specie dopo la partenza dell’apostolo da Corinto. Tra le altre cose, si manifesta in seno a certi cristiani un grande relativismo in campo sessuale, che si fa scudo della libertà cristiana (tema sviluppato nei capitoli 8-10). Secondo il loro ragionamento, tutto è lecito, e ogni cosa è permessa, poiché il Cristo ci ha affrancati da ogni giogo. Parole queste che erano diventate una specie di slogan per nascondere la tolleranza dell’immoralità sessuale, di cui un accenno si ha nel capitolo 5. A quanto pare, i libertini di Corinto si servivano di un sillogismo per giustificare la loro impurità morale e frequentazione di prostitute. L’istinto naturale della fame si soddisfa con il cibo, così l’istinto sessuale si soddisfa con la fornicazione. Quando l’uomo ha fame, mangia; quando sente l’istinto sessuale, si dà alla fornicazione. Il cibo è piacevole, necessario e utile, così pure la fornicazione. La prostituta è come il cibo per il corpo. Un ragionamento a prima vista corretto, ma che Paolo smaschera senza alcuna difficoltà. Mangiare e fornicare non sono sullo stesso piano. Chi si unisce a una meretrice forma una sola carne con lei. Inoltre, Dio distruggerà il ventre e il cibo, mentre il corpo è del Signore e sarà risuscitato. Il nostro brano contiene una parte importante della risposta dell’apostolo Paolo a questo modo di relativizzare la sessualità e di intendere la libertà cristiana. Nel capitolo 7 egli svilupperà il tema della sessualità, nel 12 quello del corpo di Cristo e delle sue membra e nel 15 quello della risurrezione.


Il corpo non è per la fornicazione, ma è per il Signo­re (6,13).  Nei versetti 12 e 13 Paolo cita le parole dei lassisti (o libertini), tre volte corrette dalle sue: 1) Tutto mi è lecito, ma non tutto è utile; 2) tutto mi è lecito, ma io non mi lascerò dominare da nulla; 3) i cibi sono per il ventre ed il ventre per i cibi, ma Dio distruggerà questi e quelli. Sulla linea di questa decisa contestazione delle tesi dei lassisti, nell’affermare i limiti della libertà cristiana e il rischio che questa si risolva in nuove forme di schiavitù, Paolo procede nel mettere in risalto con due argomenti la dignità del corpo umano nel piano di Dio (6,13-14). Nel primo egli ricorda ai cristiani di Corinto che il corpo sarà risuscitato da Dio. Nel secondo l’apostolo parla dell’appartenenza a Cristo dei nostri corpi, non solo dello spirito. Il corpo non è destinato alla fornicazione, né ad appartenere a una prostituta, poiché il corpo è del Signore, è la dimora dello Spirito Santo. La signoria di Cristo sui nostri corpi è una parola che ci provoca con immediatezza a noi oggi forze più dei lettori di Corinto.


I vostri corpi sono membra di Cristo (6,15-17). Noi apparteniamo a Cristo anche con i nostri corpi, con tutto l’essere nostro. La vita con Cristo non è soltanto una unione spirituale che relativizza il corpo e lo rende moralmente irrilevante. L’assurdità del peccato di fornicazione (porneia) non è soltanto nella trasgressione di una norma, ma è anche e soprattutto nel tradimento dell’unione tra il cristiano e il Signore. Il nostro corpo è membra di Cristo: egli forma una unione profonda con lui, che non può sostituire con l’unione col corpo di una prostituta. Questo tradimento costituisce una vera decadenza della dignità del corpo, è come svenderlo. E d’altra parte il peccato di fornicazione non si ferma alla sola carne, ma implica un decadimento delle facoltà di tutta la persona, chiamata invece a diventare un solo spirito col Signore (6,17). Chi si unisce a una prostituta forma una sola carne con lei (Genesi 2,24), mentre chi si unisce al Signore forma un solo spirito con lui, in una unione intima e profonda.


Il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi (6,19). Analogia questa di grandissimo significato. Nel mondo pagano i templi erano intangibili perché appartenevano alla divinità. Affermando che il corpo di un cristiano è tempio dello Spirito Santo, si sottolineano due conseguenze di grave peso teologico ed esistenziale. La prima è che il corpo è intangibile, non appartiene più a noi, pertanto non ne possiamo fare quel che vogliamo, altrimenti lo alieniamo al suo vero proprietario che è Dio. La seconda è che il corpo è stato riscattato: come si riscatta uno schiavo e se ne deposita il prezzo in un tempio, così Dio ha riscattato dalla schiavitù anche il nostro corpo, e ha pagato a caro prezzo (il sangue di Cristo) tale riscatto (6,20). Dobbiamo quindi essere grati e riconoscenti e glorificare Dio nel nostro corpo.

Paolo Mirabelli

09 gennaio 2018

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