Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

Questo brano fa parte del discorso cherigmatico su Gesù che Pietro rivolge ai suoi uditori di origine ebraica, dopo la guarigione dell’uomo che era zoppo fin dalla nascita (3,1-10). Nella prima parte del libro degli Atti degli Apostoli, nei capitoli 2-4, troviamo tre “discorsi” di Pietro rivolti al popolo di Gerusalemme e ad Israele, un invito a riconoscere Gesù quale Signore e Messia promesso. Pietro, in compagnia di Giovanni, dopo aver affermato che la guarigione dello storpio era opera della potenza di Gesù, compiuta nel suo nome, proprio quel Gesù che loro avevano crocifisso, richiama i suoi ascoltatori alle loro colpe e responsabilità e li invita al ravvedimento e alla conversione, “affinché i vostri peccati siano cancellati” (3,19); li invita a riconoscere in Gesù il Messia sofferente, come annunciato dai profeti (3,18), morto in croce ma che Dio ha esaltato e glorificato con la risurrezione dai morti (3,15). Pietro parla inizialmente al popolo (3,11-26) e poi ai capi (4,1-13). Tralasciamo per ora, poiché ci ritorneremo in seguito, di approfondire il significato dei diversi titoli attribuiti a Gesù in questo discorso di Pietro: Cristo, Servo, Santo, Giusto, Principe della vita. In quest’ultimo titolo c’è qualcosa di apparentemente assurdo, che mette però in evidenza un dato paradossale: sulla croce, essi hanno ucciso il Principe della vita, ma lui è passato dalla morte alla vita; la morte non ha potuto trattenerlo, come dimostra la risurrezione. In questo studio ci soffermeremo soltanto a considerare alcuni elementi e aspetti che caratterizzano questo discorso cristologico.


Innanzitutto Pietro, richiamando i fatti evangelici, mette in evidenza tre contraddizioni commesse dai suoi ascoltatori nella vicenda di Gesù. La prima: i giudei chiesero la morte di Gesù, quando Pilato, il governatore romano, aveva invece giudicato e deciso di liberarlo (3,13). La seconda: i giudei rinnegarono il Santo e il Giusto e chiesero a Pilato che fosse liberato un omicida, il cui nome era Barabba (3,14). La terza: i giudei uccisero il Principe della vita, ma Dio lo ha risuscitato dai morti (3,15). L’agire ostile e malvagio (3,26) dei giudei nei confronti di Gesù e la loro cecità spirituale contrastano nettamente con il piano e la volontà di Dio.


In questo discorso di Pietro emerge la continuità tra l’agire di Dio nell’Antico Testamento e l’agire di Dio nella risurrezione di Gesù: “Il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, il Dio dei nostri padri ha glorificato il suo servo Gesù”. La risurrezione di Gesù allora non va considerata come un fatto o un elemento estraneo alla Bibbia. Essa si inserisce perfettamente e pienamente nel progetto di salvezza che Dio ha pensato per gli uomini, un progetto che passa misteriosamente attraverso la croce e culmina nella gloria della risurrezione. Questo progetto era già anticipato nei “Canti del Servo sofferente del Signore” di Isaia (42; 49; 52-53), nei quali si delineava chiaramente la logica di Dio: il Servo sofferente diventa il Messia glorificato, grazie all’intervento decisivo di Dio. Ai suoi uditori, che conoscevano bene l’Antico Testamento, Pietro propone questa logica, ricorrendo alla stessa terminologia che usa il profeta Isaia: “Dio ha glorificato il suo Servo Gesù”.


L’entrare in questa logica di Dio esige però un cambiamento di mentalità, una conversione nei confronti di Gesù. L’espressione “io so che voi avete agito per ignoranza” (3,17) vuole sottolineare la difficoltà a comprendere la vita, la morte in croce e la risurrezione di Gesù, nella logica che è propria di Dio. La salvezza, infatti, è stata portata a compimento da Gesù in un modo e in una forma che la mentalità degli uomini, la logica umana, non sottomessa a Dio e allo Spirito Santo, non è riuscita ad afferrare, né a comprendere. Il termine “ignoranza”, in greco agnoia (usato altre tre volte nel Nuovo Testamento: 17,30; Efesini 4,18; 1 Pietro 1,14), indica la difficoltà di comprendere in questo modo tutta la vicenda di Gesù. I capi giudei increduli, accecati dal loro odio e rifiuto, non erano stati in grado di comprendere il progetto di salvezza di Dio, che passava proprio attraverso la sofferenza e la croce di Gesù Cristo, e il popolo (“fratelli”) aveva seguito il loro cattivo esempio, lasciandosi trascinare nel rifiuto di Gesù quale Messia (3,17). Ora però, dopo la risurrezione di Gesù, il quadro è diventato completo e si può comprendere in pienezza l’agire di Dio e il suo progetto di salvezza, così come sono annunciati nella predicazione del Vangelo.


La predicazione di Pietro, e degli altri apostoli, testimoni della risurrezione di Gesù, e dunque della misteriosa logica e disegno di Dio, offre a tutti, “a voi (giudei) per i primi” (3,26), la possibilità di convertirsi dalle vie malvagie a Dio, per ricevere le benedizioni in Gesù Cristo.

Paolo Mirabelli

16 maggio 2017

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“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

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