Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

Nella dialettica tra queste due frasi possiamo scorgere il dramma del figlio minore nella parabola di Luca 15,11-32. Essa fornisce una chiave di lettura del racconto e della vicenda umana. Un giorno, un ragazzo si presenta a suo padre e gli dice: “Padre, dammi ciò che mi spetta” (15,12). Sappiamo poi come va a finire la sua storia. Abbiamo seguito spesso il percorso drammatico del ragazzo nel racconto, e quello di certi giovani nella vita. Quando il ragazzo è nel bisogno, quando ha fame e desidera mangiare le carrube, la parabola ci dice che “nessuno gliene dava; nessuno gli dava nulla” (15,16). Dal “dammi” iniziale al “nessuno gli dava nulla” è rinchiuso allora il dramma del ragazzo, e dell’uomo nel peccato. Ma procediamo con ordine. Prima un richiamo e un breve commento alla parabola di Gesù e poi la nostra lettura.


L’unica parabola narrata da Gesù in Luca 15 (“Egli disse loro questa parabola”;15,3), in realtà, ne contiene tre. Esse narrano l’esperienza di una perdita e di un ritrovamento. I due momenti non sono simultanei e il primo aspetto è quello della perdita. La gioia del ritrovamento è preceduta dal dolore per la perdita, anche se nel testo non viene esplicitato. Perdita di una pecora, perdita di una moneta, e infine, perdita di un figlio. Animali, cose, persone. C’è un crescendo nel dolore, nel dramma, nelle emozioni. Quella che più tocca il nostro cuore è la perdita del figlio. L’allontanarsi del figlio dalla casa paterna diventa perdita e morte che il padre sperimenta in se stesso. Nella terza scena della parabola, nelle ultime parole del racconto, il padre dice al fratello maggiore: “Tuo fratello era morto, ed è tornato a vita; era perduto, ed è stato ritrovato” (15,32). E se in Dio vi è la gioia del ritrovamento (15,7.10.32), certamente vi è anche il dolore e il dispiacere per la perdita. L’unica parabola, che però ne contiene tre, sintetizza così la storia della salvezza: Dio è in cerca dell’uomo. Le strade che Dio percorre sono le vie infinite della perdizione umana nel peccato. È Dio che cerca l’uomo, che bussa alla porta del suo cuore. La parabola del figlio prodigo presenta il padre come colui che attende il figlio che se n’è andato di casa, e gli esce incontro quando lo scorge tornare da lontano, che esce incontro al figlio/fratello maggiore e lo prega di entrare per far festa con il fratello tornato e ritrovato. Dio in attesa dell’uomo, Dio  prega l’uomo di entrare.


Dammi! Ma nessuno gli dava nulla. Il ragazzo ha sperimentato i due paradigmi presenti nella parabola e nella vita: il vivere e la vita nella grazia a casa del padre, prima e dopo, prima di allontanarsi e quando torna a casa, e il vivere e la vita senza la grazia. Nessuno in questo mondo ti regala niente. Tutto ha un costo, un prezzo da pagare. Il mondo non conosce il vivere secondo la grazia. Gli uomini non sono tutti come il padre che dona al figlio ciò che gli chiede. Il padre dà tutto, perché ama il figlio, è alla ricerca e in attesa del figlio perduto. Il mondo non dà niente. La richiesta fatta dal ragazzo al padre è scorretta e arrogante, persino per la cultura ebraica del tempo. Il padre è ancora in vita è non è tenuto a dargli niente. Eppure gli dà ciò che gli chiede. Persino il figlio maggiore, che vive nel risentimento e nella collera, accusa il padre sul mancato dare che, a suo parere, gli era dovuto; lo accusa di non avergli mai dato ciò che era giusto avere per il servizio reso: “A me però non mi hai mai dato” (15,29). Il tipo di richiesta presentata al padre dal figlio più piccolo, ma quella del maggiore non è da meno, rivela uno spirito e un atteggiamento sbagliato presente nell’uomo: pensare che tutti gli altri mi sono debitori e che io ho sempre un credito da riscuotere, credere che le cose mi spettino di diritto, pretendere dagli altri senza mai dare. Giobbe, nel suo lamento, ci dice che “nudo sono uscito dal grembo di mia madre, e nudo tornerò in grembo alla terra” (1,21). Tutto è grazia, tutto è dono che viene da Dio: la vita, i genitori, la chiesa, il cibo, il mondo, gli uomini e le cose. E la preghiera è il modo corretto per chiedere a Dio ogni cosa.

Paolo Mirabelli

08 settembre 2016

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Non basta possedere la Bibbia: bisogna leggerla. Non basta leggere la Bibbia: bisogna comprenderla. Non basta comprendere la Bibbia: bisogna viverla.

“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

Trova il tempo per pensare; trova il tempo per dare; trova il tempo per amare; trova il tempo per essere felice. La vita è troppo breve per essere sprecata. Trova il tempo per credere; trova il tempo per pregare; trova il tempo per leggere la Bibbia. Trova il tempo per Dio; trova il tempo per essere un discepolo di Gesù.