Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

Il capitolo 11 della Lettera agli Ebrei offre una lunga meditazione sulla fede, passando in rassegna personaggi noti e meno noti della storia di Israele raccontate nell’Antico Testamento. Queste storie di fede servono all’autore per dire che la fede è l’elemento che determina l’essere e l’agire del cristiano. Da questo brano isoliamo le due figure di Abramo e Sara, una coppia di sposi, marito e moglie, chiamata a generare un figlio in modo del tutto speciale.


Si parte dalla chiamata di Abramo, elemento primitivo e fondante, che mostra un uomo disposto ad andare là dove Dio vuole, ignaro della meta (11,8). Un antico commento dice che “Abramo non sa dove andare, ma sa di andare con Dio”. Poi il discorso si fa più preciso, parlando di Abramo e Sara come genitori: lo sono non per legge naturale, poiché è ormai troppo tardi per loro avere un figlio (entrambi sono troppo vecchi e Sara è sterile, come dice il racconto di Genesi), ma in virtù della promessa di Dio, che permette una realizzazione straordinaria. Con la nascita di Isacco, essi stanno all’origine di una moltitudine incommensurabile (11,11-12). È come riconoscere o dire che Dio è sempre “esagerato”, il Signore non è mai un Dio “delle mezze misure”. Quando da lui sprizza la vita, questa diventa sorgente che zampilla in continuazione.


La vita di Isacco, sorta improvvisamente e miracolosamente dalla potenza e parola di Dio, è chiesta da Dio stesso (11,17-19). Per due volte nel versetto 17 si dice che “Abramo offrì Isacco”, suo figlio, il suo unigenito, su cui c’è la promessa di Dio. Anche qui, quell’antico commento dice che sembra che “il comandamento sia contrario alla promessa”, come dire che la fede in Dio ti permette di andare oltre le aporie e le apparenti contraddizioni che si incontrano nel cammino di fede. La disponibilità di Abramo di ubbidire a Dio, “offrendo Isacco”, sottolinea pure il fatto che egli riconosce che la vera “paternità” di Isacco è quella divina. Abramo è cosciente di non poter possedere il figlio Isacco come si possiede un oggetto, e quindi non ne vuole disporre a piacimento. Potremmo azzardare il verbo “restituire” per dire che Abramo, come dice il racconto evangelico del tributo a Cesare, “dà (restituisce) a Dio ciò che è di Dio”. Nel verbo “offrì” leggiamo, inoltre, tutta la disponibilità di Abramo a riconoscere la sovrana volontà di Dio. L’Autore della Lettera agli Ebrei fa compiere uno sviluppo interpretativo al racconto di Genesi 22, perché, parlando di Abramo, aggiunge che “egli era persuaso che Dio è potente da risuscitare anche i morti; e riebbe Isacco come per una specie di risurrezione” (11,19). È interessante che il testo greco alla fine del versetto 19 anziché “risurrezione” usa il vocabolo “parabolè”, da cui parabola, che può essere tradotto: similitudine, simbolo. Il testo biblico di Genesi non individua né tanto meno esplicita i sentimenti e le convinzioni interiori di Abramo. Mentre Ebrei nel raccontare e nel presentare la fede di Abramo, non trova strano attribuire al patriarca tale convinzione, quella espressa al versetto 19, che evidentemente l’Autore di Ebrei evince dal suo atteggiamento di fede incondizionata: Abramo segue in tutto la volontà di Dio, anche quando l'intelligenza umana o il comune buon senso suggerirebbero il contrario. Così facendo, Abramo dimostra di non esercitare alcun possesso nei confronti del figlio, di non farne un idolo, e, positivamente, di rispettare e compiere sempre la volontà divina, anche quando il della fede può costare molto al cuore di un padre.


Quella di Abramo è davvero una fede vera, genuina, scintillante, che realizza quanto l’Autore di Ebrei dice all’inizio del capitolo 11: “Or la fede è certezza di cose che si sperano, dimostrazione di realtà che non si vedono. Infatti, per essa fu resa buona testimonianza agli antichi.” (11,1-2).

Paolo Mirabelli

22 giugno 2016

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“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

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