“Il Signore mi ha abbandonata, il Signore mi ha dimenticata” (49,14). È Sion, presentata sotto la figura di una matrona, che si lamenta. Il testo inizia con un lamento in cui Israele si sente come una sposa abbandonata, ripudiata, dimenticata. Gerusalemme sa di essere stata infedele, di aver tradito il suo Dio. In Israele, prima di ripudiare la moglie, il marito doveva riflettere bene e a lungo perché si trattava di una scelta irreversibile, non erano ammessi ripensamenti, non gli era più permesso di riprendersela. Sion ha abbandonato ogni speranza di ricostruire il rapporto d'amore infranto e, mestamente, va ripetendo questo lamento.
È il lamento che Israele ripete in esilio, quando cade in disgrazia. È il lamento nei momenti di sconfitta, di sofferenza, di solitudine, di abbandono. È il lamento del popolo che sperimenta l’assenza e la lontananza di Dio. È il lamento del singolo che si ritrova solo, abbandonato da tutti. Ma questo lamento può anche essere l'espressione della dolorosa esperienza di chiunque, caduto nell'abisso del peccato, si rende conto di aver fatto scelte sbagliate, ed è convinto che anche il Signore lo rifiuti, per sempre. Sono pensieri che sorgono quando ci si sente abbandonati, dimenticati, per troppo tempo. E in questo tempo che sembra infinito vengono proiettati in Dio i criteri umani di giudizio. Emerge allora un Dio lontano e diverso: suscettibile, permaloso, vendicativo. Questa deformazione del volto di Dio è forse la più subdola delle astuzie diaboliche. Motivo per cui il Signore si premura di cancellarla immediatamente, e il testo biblico si affretta a dire che Dio non è così e che il suo amore è immenso.
Per bocca del profeta Isaia, il Signore dichiara il suo amore per Sion, per i suoi figli (49,15). Israele è il figlio che egli ha redento dall’Egitto, frutto delle sue viscere, perciò non lo dimentica. Il suo amore non è una risposta ai meriti del popolo. È un amore più alto e costante. È una passione incontenibile, che non viene meno. È come l'amore di una madre. Un amore incondizionato, invincibile. Ecco la nuova, commovente, immagine (metafora) che il Signore usa per parlare del suo amore. Non più il rapporto marito-moglie, bensì madre-figlio. Una madre ama il figlio non perché è riamata, ma perché è suo figlio, e lo amerà per sempre, qualunque cosa egli faccia. Lo ama anche se non dovesse essere corrisposto. Lo ama in maniera incondizionata. È una immagine questa che ha in sé un grande significato e una forte risonanza emotiva. Una immagine che conosciamo bene dall’esperienza della vita, poiché ogni uomo è prima di tutto un figlio, e che viene arricchita di significato pure dalle celebri figure di madri menzionate nella Bibbia. L’amore materno diventa allora il simbolo della rivelazione dell’amore di Dio, e illustra il rapporto Dio-figli. Tutta la carica di emozioni e di sentimenti presente nell'immagine dell'amore di una madre per suo figlio aiuta a cogliere e a comprendere con quanta e quale passione Dio ama e si interessa dei suoi figli.