Prima di parlare della sequela e del costo del discepolato (8,34-9,1), il vangelo di Marco ci propone due temi importanti: la confessione di fede e il primo annuncio della morte di Gesù.
Il brano di Marco 8, 27-35 segna una svolta radicale nel vangelo di Marco: chiude il ministero galilaico accompagnato da una solenne autorevole manifestazione di Gesù. Ma egli non consente ai discepoli di parlarne a nessuno: “lo vietò severamente” (8,30). Gesù preferisce passare in silenzio, in incognito. Egli non solo non scopre il “segreto messianico”, ma proibisce a coloro che possono averlo intuito di parlarne, come nel caso dei miracolati (1,44; 5,19; 5,43; 6,45; 7,36). La tensione che domina la prima parte del vangelo di Marco si chiude con la domanda di Gesù ai discepoli a Cesarea di Filippo, fuori della Galilea. Due sono le domande poste da Gesù ai discepoli. La prima: “Chi dice la gente che io sia?”; la seconda: “E voi chi dite che io sia?”. La gente pensa che Gesù sia Giovanni Battista, oppure Elia, oppure uno dei profeti. Per Pietro Gesù è il Cristo. Va notata però l’assenza nel vangelo di Marco della confessione di Pietro come espressa in Matteo 16,16.
Dopo la confessione di fede dei discepoli seguono i versetti 31-32, che comunemente sono detti “la prima profezia o annuncio della passione e risurrezione di Gesù”. Sorprende come lo stesso Pietro passi in così breve tempo dalla confessione di fede che Gesù è il Cristo al rifiuto dall’accettare la morte in croce di Gesù, mostrando così di non avere il senso delle cose di Dio. C’è un collegamento tra i racconti del tragico avvenimento e la dichiarazione di Gesù a riguardo. Si passa da un quadro all’altro senza creare confusione, ma dando alla profezia più il colore di una narrazione che di un oracolo. Gesù adesso non ha più veli nel parlare, non è misterioso. Annuncia e insegna apertamente questa parola sulla sua morte e risurrezione.