Il nostro testo illustra la missione di Gesù come pastore, che contrasta e si contrappone in maniera evidente a quello delle guide cieche d’Israele, ma possiamo anche estenderlo e pensare a certi pastori delle chiese di oggi. Dopo la guarigione del cieco nato, Gesù parla con i farisei definiti ciechi non per nascita ma per scelta, perché, pur vedendo il miracolo, rifiutano di “vedere oltre”, rifiutano di “vedere” la verità alla quale il miracolo rimanda, rifiutano di credere in lui. Non solo non vogliono vedere l’opera di Gesù, né riconoscerlo come il Cristo, ma pretendono addirittura di imporre come verità la loro cecità spirituale, la loro dottrina. Essi sono così guide cieche, ma più ancora sono “briganti e ladri” (10,1). Essi si sono introdotti nell’“ovile/atrio” (greco “aulè”) delle pecore (10,1). Possiamo pensare che con il termine “atrio” si alluda al recinto sacro del tempio, e dunque al fatto che tali “operai truffatori e disonesti” si siano introdotti non attraverso la porta dell’ovile, in maniera legittima quindi, ma fraudolentemente, rubando e uccidendo le pecore del gregge di Dio e quelle che vi si frapponevano e resistevano ai loro inganni. I ladri e i briganti sono tali perché saltano i muri, entrano nell’ovile per “altre vie”, fanno razzia del gregge e lo disperdono. Il vero pastore invece passa attraverso la porta dell’ovile, poiché è noto al portiere e alle pecore. Egli le chiama per nome e le conduce al pascolo, di giorno, e nella protezione dell’ovile, di notte. Gesù è il buon pastore, non uno qualunque, bensì “il pastore per eccellenza”: questa espressione rende meglio l’idea del greco “ho kalòs”. L’espressione infatti dice di più di “buon pastore”, o di “bel pastore”. Gesù solo infatti realizza l’oracolo di Ezechiele 34. Gesù è il re-pastore che Israele attende, nonostante la sua provenienza da un oscuro villaggio della Galilea (1,42). Nella storia d’Israele ci sono stati molti pastori, ma nessuno merita tale appellativo quanto Gesù, perché nessuno ha svolto una missione pari alla sua e con la dedizione eguale alla sua. La specificità del pastore è vivere e operare per il bene del gregge. Il suo contrario è il mandriano, il mercenario, che lavora per i soldi, senza affezione e senza attenzione alle pecore, che pure ha in custodia. Mercenari e lupi in fondo sono soci in affari, disperdono e divorano le pecore anziché proteggerle e pascolarle. Il vangelo sembra dire che o si è pastori al modo di Gesù o altri¬menti si è mercenari, o si somiglia a Gesù o si tradisce la missione. Gesù è il pastore che dona la sua vita per le pecore.