“Il Signore è veramente risorto” (Luca 24,34). È la testimonianza dei due discepoli di Emmaus agli undici apostoli e agli altri riuniti. Eppure, appena Gesù entra in mezzo a loro, pensano di vedere un fantasma, una figura astratta, irreale. Sono persino spaventati. Eppure, Gesù glielo aveva detto e spiegato. Tante volte. È a partire da questa inaccoglienza, vestita di stolto realismo, che possiamo comprendere questa pagina del vangelo di Luca. È a partire da questo fatto raccontato da Luca che possiamo capire noi stessi. Anche noi spesso siamo inaccoglienti verso il Signore. Anche noi, come i discepoli di quella sera, stupiti e spaventa¬ti crediamo di vedere uno spirito, uno spettro. Anche noi pensiamo tante volte che egli sia un fantasma. Crediamo che le sue siano parole astratte, lontane dalla vita: belle sì, ma impossibili a vivere, soprattutto oggi, qui e ora. A volte abbiamo paura del Signore perché pensiamo che sia troppo esigenti, che chieda sacrifici, che proponga rinunce, che pretenda da noi una vita poco felice. Pensiamo allora di vivere “come se non”, o magari rilegandolo in qualche parte nascosta e profonda del nostro essere, perché non ci disturbi troppo. Ma Gesù torna. Viene sempre di nuovo. Torna con il saluto della pace. E ci domanda: “Perché siete turbati, e perché sorgono questi pensieri nel vostro cuore?”. Poi si mostra. Ci invita a toccarlo, a guardarlo. Sì, è proprio lui! Uno spirito non ha carne e ossa. Mostra le ferite delle mani e dei piedi. È proprio lui: il Signore morto e risorto. E la sua presenza porta gioia nei cuori di coloro che si sanno ancora stupire, quella gioia che avevamo persa. Si passa così dall’inaccoglienza alla gioia per la presenza del Risorto. E c’è ancora dell’altro. Un ultimo dato, per niente indifferente. Gesù chiede loro da mangiare. Gli danno pesce arrostito e miele. Mangia con loro, in loro presenza, come aveva fatto tante volte in passato. Il Signore allora è davvero risorto!