“Ora, dunque, Israele, dai ascolto alle leggi e alle prescrizioni”. Dopo “le parole che Mosè rivolse a Israele” (1,1) nel prologo storico, il Deuteronomio introduce con il capitolo 4 il secondo discorso di Mosè. In esso Mosè fa appello all’obbedienza, chiede l’attenzione del popolo nell’ascoltare la legge del Signore, che ora egli sta per esporre, e nel praticarla. Il Dio che si rivela in opere e in parole richiede una risposta fiduciosa e fedele. A questo tende tutta la Bibbia. Il libro del Deuteronomio ha una finalità didattico-pedagogica: attraverso la riflessione e i discorsi di Mosè, il popolo è invitato alla meditazione della Parola di Dio e ad agire di conseguenza, ubbidendo ai comandamenti del Signore. Mosè parla al popolo e lo esorta a mettere in pratica la legge di Dio. L’esortazione costituisce il tema fondamentale del Deuteronomio (4,l; 5,1; 6,1; 8,1; 11,8-9). I versetti iniziali del capitolo 4 sono costruiti con termini e forme linguistiche tipiche dello stile deuteronomico, sono come un preludio musicale nel quale vengono anticipati i motivi dell’intera composizione. L’ascolto è diverso dalla visione. Mentre la visione comporta una evidenza oggettiva che si impone da sé, l’ascolto richiede invece anzitutto fiducia in colui che parla e, poi, un accettare di credere senza vedere. Ancora: l’ascolto è una esperienza aperta che richiede di agire secondo la parola ascoltata. Mosè invita con insistenza il popolo all’ascolto e a mettere in pratica la legge ricevuta da Dio. La conseguenza della pratica dei comandamenti è la vita: Israele attraverso l’obbedienza è introdotto nella sfera della vita del Signore. Se nei comandamenti è Dio che parla, e non un uomo, non è affatto indifferente l’ascolto. Ubbidire ai comandamenti significa ascoltare Dio, e ascoltare Dio significa avere la vita e le benedizioni promesse dal Signore.