Siamo in riva al Mar di Galilea. Gesù vede due barche ferme, dalle quali sono smontati dei pescatori e lavano le reti. Una delle barche è di Simon Pietro. La folla si stringe attorno a Gesù per ascoltare la parola di Dio. Perché a tutti più facilmente arrivi la parola, egli sale sulla barca di Pietro, che diventa il mezzo per rendere più agevole la predicazione. Quando finisce di parlare, Gesù chiede a Simone di prendere il largo e di calare le reti. E Simone risponde: “Maestro, tutta la notte ci siamo affaticati” (Luca 5,5). Il verbo qui usato da Luca è “kopiao”. È la fatica di chi, pur avendo speso molte energie, pur avendo messo in opera tutte le proprie forze, non ottiene alcun risultato. È la fatica di una pesca infruttuosa, che diventa una metafora della vita: mostra lo scarto che c’è tra i desideri, gli obiettivi, che si cerca di realizzare nella vita e i risultati che non arrivano. Simone Pietro però, alla parola di Gesù, apparentemente assurda, decide di rischiare ancora una volta, di ignorare la fatica che lo opprime, di mettere in discussione ogni certezza e un passato conosciuto; decide di fidarsi della parola di Gesù e di calare le reti: “però alla tua parola calerò le reti” (Luca 5,5). È l’immagine di chi non cade nella delusione e nella disperazione, ma trova la forza di provarci ancora una volta, perché questa volta è “la tua parola” che lo chiede. Poiché il nostro testo è il racconto della chiamata dei primi discepoli di Gesù, mi piace pensare che tale verbo rimandi pure alla “fatica” della missione. Infatti il verbo “kopiao” è usato, ad esempio, in Romani 16,6.12 e in 1 Corinzi 16,16, dove si parla di coloro che si affaticano nel Signore nell’opera comune, coloro che non si risparmiano di fronte alle fatiche della missione, coloro che, alla parola di Gesù, calano le reti per “catturare (pescare) uomini”.