Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

Quando scrive la sua prima lettera alla chiesa di Tessalonica, Paolo ricorda con gioia la prima volta che i Tessalonicesi ascoltarono la predicazione del Vangelo; ricorda come essi si erano “convertiti dagli idoli a Dio per servire il Dio vivente e vero, e per aspettare dai cieli il Figlio suo che egli ha risuscitato dai morti, cioè Gesù, che ci libera dall’ira imminente.” (1,9-10). Quella dei Tessalonicesi fu una conversione così radicale che impressionò positivamente lo stesso apostolo di Cristo. È così che dovrebbe sempre essere la conversione: un cambiamento radicale e una trasformazione di vita; un passare dai tanti idoli di questo mondo al Dio vero e vivente; un passare dal mondo che muore e dalla vecchia vita alla speranza della risurrezione e alla vita nuova in Gesù Cristo. La conversione non è “il vestito della domenica”. La conversione nasce dalla predicazione del Vangelo: coloro che ascoltano la Parola predicata, e l’accolgono con fede e ubbidienza, permettono a Dio di cambiare le loro vite e allo Spirito Santo di operare in loro la trasformazione all’immagine di Cristo. Ricordando poi la loro vocazione, Paolo li esorta “a condursi in modo degno di Dio, che vi chiama al suo regno e alla sua gloria” (2,12). Dopo aver parlato della conversione e della vocazione, l’apostolo parla del giorno in cui il Vangelo fu predicato per la prima volta a Tessalonica: è dalla predicazione che tutto ha inizio. Ecco le sue parole: “Per questa ragione anche noi ringraziamo sempre Dio: perché quando riceveste da noi la parola della predicazione di Dio, voi l'accettaste non come parola di uomini, ma, quale essa è veramente, come parola di Dio, la quale opera efficacemente in voi che credete” (2,13). Partendo da questo testo paolino, proviamo a fare una riflessione sulla predicazione, articolata in tre parti (che ricalcano il testo biblico): la parola della predicazione; il modo come deve essere accolta; l’efficacia che ha in coloro che credono.


Il primo aspetto riguarda proprio la predicazione stessa. Senza la predicazione, l’opera di Cristo in croce, compiuta a favore degli uomini, rimane sconosciuta; l’intera storia della salvezza e l’opera di Dio rimane a tutti ignota e insignificante. La parola di Dio, quella parola capace di creare ogni cosa, capace di suscitare la fede, capace di salvare gli uomini, trova espressione nella predicazione. Come gli uomini invocheranno e crederanno in Dio, domanda Paolo, se non c’è chi predichi e chi annunci la buona novella (Romani 10,14-17). I profeti e gli apostoli sono uomini che predicano la parola di Dio. Gesù stesso è un predicatore itinerante che, oltre a far del bene, annuncia l’evangelo del Regno (Marco 1,14-15); è il seminatore che semina la parola di Dio (Marco 4,14; Luca 8,11). Giovanni il Battista è la voce che grida e annuncia la venuta del Signore (Marco 1,3-8). Ai Giudei che chiedono miracoli e ai Greci che cercano sapienza, Paolo risponde: noi predichiamo Cristo crocifisso, potenza e sapienza di Dio (1 Corinzi 1,21-24). La chiesa delle origini era una chiesa che andava di luogo in luogo, di città in città, ad annunciare la parola di Dio con franchezza (parresia), come testimonia il libro degli Atti degli Apostoli (4,29.30; 8,4).


Se il Vangelo è potenza di Dio per la salvezza di ogni credente (Romani 1,16), se la parola predicata può convertire e salvare gli uomini, è allora evidente che essa non può essere semplicemente parola di uomini, parola che nasce dalla sapienza umana, ma essa è Parola di Dio, e deve essere accolta e creduta come Parola di Dio. Nella predicazione della parola è presente e si incontra Dio, come nella predicazione della croce si incontra il Cristo. “Chi ascolta voi, ascolta me”, dice Gesù (Luca 10,16). Non tutte le parole che i cristiani dicono durante il giorno sono parole di Dio, e non in tutte le parole che si ascoltano dai cristiani si incontra il Signore, ma soltanto in quelle parole nelle quali si predica la buona notizia, il Vangelo di Dio. Paolo ci ricorda che “noi non predichiamo noi stessi” (2 Corinzi 4,5), noi predichiamo “la parola della fede” (Romani 10,8). Il predicatore deve sempre ricordare che egli annuncia e reca una parola non sua: si tratta della Parola di Dio.


Nella predicazione della parola, Dio dice ciò che fa e fa ciò che dice. La sua non è una parola vuota come tante parole che ascoltiamo dagli uomini. La sua parola non cade nel vuoto, non torna indietro senza aver compiuto ciò che il Signore vuole e condotto a buon fine ciò per cui l’ha mandata (Isaia 55,11). La parola della predicazione è una parola potente (dynamis) che salva (ma condanna chi la rifiuta), perdona e fa grazia a chi l’ascolta, libera dal peccato e da ogni forma di schiavitù, dà pace e speranza. La parola di Dio opera efficacemente in tutti noi che crediamo.

Paolo Mirabelli

16 aprile 2024

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“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

Trova il tempo per pensare; trova il tempo per dare; trova il tempo per amare; trova il tempo per essere felice. La vita è troppo breve per essere sprecata. Trova il tempo per credere; trova il tempo per pregare; trova il tempo per leggere la Bibbia. Trova il tempo per Dio; trova il tempo per essere un discepolo di Gesù.