Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

I vangeli parlano di due purificazioni del tempio fatte da Gesù: una all’inizio del ministero, riferita soltanto da Giovanni (2,13-22), e una alla fine, riferita dai sinottici (Matteo 21,12-22; Marco 11,15-19; Luca 21,12-13). Secondo il vangelo di Marco, che seguiremo in questo studio, il racconto della purificazione del tempio inizia con tre azioni compiute da Gesù: entrò nel tempio; cacciò coloro che compravano e vendevano; rovesciò le tavole dei cambiamonete e le sedie dei venditori di colombi (11,15). A queste ne seguono altre due: Gesù non permetteva a nessuno di portare oggetti attraverso il tempio; insegnava ai presenti il vero significato del tempio come casa di preghiera (11,16-17). La reazione dei sacerdoti e degli scribi (Marco menziona spesso gli scribi nel suo vangelo, ma include in questa categoria anche i farisei) è quella di cercare il modo di far morire Gesù (11,18).


A essere colpiti dalla purificazione fatta da Gesù sono i venditori e i compratori insieme, mercanti e clienti, ciò significa che il motivo del gesto non riguarda tanto qualche irregolarità del commercio in sé, quanto il fatto che tutto questo avveniva nel tempio; non è tanto l’avidità e la cupidigia legate al commerciò che devono essere condannate, quanto il fatto che il tempio da casa di preghiera era diventato un mercato per vendere e comprare. Nei versetti 15-16 per ben tre volte viene menzionato il tempio: questo dato ci permette non soltanto di localizzare il luogo della purificazione, ma anche di richiamare alla mente l’atteggiamento di coloro che avevano una concezione magico-sacrale del tempio di Gerusalemme, come dice il profeta Geremia (7,1-15). L’azione di impedire ai mercanti e ai compratori di attraversare il tempio fa ritenere che il mercato si trovasse nel “cortile dei gentili”, cioè in quella parte del tempio in cui pure i pagani potevano avere accesso (il dato è confermato sia dalle testimonianze letterarie sia da quelle archeologiche). Trasformare un luogo di preghiera in un mercato, dove ciò che conta è il guadagno, non è certo un bel vedere e non è certo un bel messaggio spirituale ed edificante da dare a coloro che si accostano a Dio con un cuore sincero, soprattutto se sono dei pagani. Dio non è sul mercato, e il suo favore non si compra con denaro. Purtroppo questo fenomeno si ripete ancora oggi: in molti luoghi di culto il commercio di oggetti sacri prevale sulla preghiera. L’azione di Gesù e le sue parole dovrebbero essere un monito permanente contro ogni forma di “mercato nel tempio”. La distruzione fatta da Gesù delle installazioni di tavole e di sedie, che servivano per la vendita, ha un valore definitivo: il commercio non deve riprendere nel tempio; il commercio non deve esistere nei luoghi di culto.


Nell’insegnamento che Gesù dà, dopo aver cacciato fuori dal tempio commercianti e compratori, e rovesciato le tavole dei cambiamonete e le sedie dei venditori di colombe, mette insieme il testo di Isaia 56,7 e di Geremia 7,11. Nel vangelo di Marco il testo di Isaia 56 viene citato in maniera più estesa, rispetto a Matteo e Luca, fino a includere le parole “casa di preghiera per tutte le genti”. Il tempio, il luogo dove era invocato il nome del Signore, doveva essere una casa di preghiera, ma ne avevano fatto una spelonca di ladroni. Nel racconto di Matteo e in quello di Luca c’è un contrasto stridente tra il commercio e la preghiera: il gesto di Gesù e le sue parole sono un insegnamento sul valore della preghiera (nella predicazione profetica si diceva spesso che la conversione del cuore e la preghiera sono meglio dei sacrifici). Nel racconto di Marco c’è anche altro: il tempio non è per il commercio, ma per la preghiera; al mercato del tempio (fatto nell’atrio dei pagani) si contrappone la preghiera di tutti i popoli, ai quali il tempio era anche destinato.


È il gesto di Gesù e la sua affermazione sull’universalismo (casa di preghiera per tutte le genti) che provoca la reazione dei capi sacerdoti e degli scribi. Un insegnamento a favore di tutti i popoli della terra appariva ai capi un attacco al particolarismo e ai privilegi di Israele. I capi sacerdoti e gli scribi reagirono non soltanto alla critica sul mercato nel tempio, ma anche alle parole di Gesù sulla casa di Dio destinata alla preghiera di tutti i popoli. Per Gesù il tempio non era casa di preghiera esclusiva di Israele, ma era luogo di preghiera per tutte le genti: nel tempio anche i pagani potevano accostarsi a Dio in preghiera. Marco dice che i capi sacerdoti e gli scribi “udirono queste cose e cercavano il modo di farlo morire” (11,18). Volevano uccidere Gesù, ma avevano paura di lui, perché tutta la folla era piena di ammirazione per il suo insegnamento. A Gerusalemme c’era ostilità nei confronti di Gesù, tanto che egli (con i suoi discepoli) la sera usciva dalla città (11,19).

Paolo Mirabelli

08 aprile 2024

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