Il donatismo (ovvero il rigorismo nella chiesa) è un movimento sorto nell’Africa settentrionale del IV secolo dal vescovo Donato e da coloro che condividevano le sue idee. Il donatismo ha una concezione rigorista della chiesa. A Donato e al donatismo si oppose energicamente Agostino di Ippona. Partendo da questo dato, vorrei sviluppare una breve riflessione sul rigorismo nella chiesa di oggi, che va oltre Agostino e Donato. Come spesso accade, le controversie, passate o presenti, sono uno stimolo per una riflessione teologica, che vuole essere il più possibile attenta, sincera e biblica. Chi è il rigorista? Rigorista è colui che propone una chiesa pura. Se la definizione si fermasse qui, credo che molti di noi amerebbero essere definiti rigoristi. Chi è che non vuole una chiesa pura? Pura e separata dal peccato e dalla contaminazione che è nel mondo. Una chiesa pura contrapposta ad una chiesa lassista, che tutto tollera, tutto permette, e che perde il riferimento alla Scrittura. Ma la definizione di rigorista va oltre tutto questo e assume una connotazione negativa. Rigorista è colui che ha una visione ristretta e settaria della chiesa e stabilisce parametri di appartenenza e di fratellanza diversi rispetto a quelli stabiliti dal Nuovo Testamento. Rigorista è chi pretende adesione al proprio schema teologico e dottrinario, anziché ricercare la comunione e la sottomissione alla Parola di Dio. Rigorista è chi vuole imporre agli altri il proprio modello di chiesa, come l’unico possibile, anziché rimandare all’insegnamento che lo Spirito Santo dà alla chiesa nel Nuovo Testamento. Rigorista è uno che non ama la verità tutta intera, ma si ferma su alcuni versetti biblici, avulsi dal loro contesto, presi qua e là nella Bibbia. Rigorista è uno, dunque, che cerca nel dato biblico pretesti probanti per giustificare le sue idee preconcette. I rigoristi non fanno il bene della chiesa. La storia ha dato torto ai donatisti e ai rigoristi. La Bibbia condanna ogni forma di rigorismo nella chiesa. Uno degli insegnamenti ripetuti di continuo dall’apostolo Paolo è la sopportazione e l’accoglienza reciproca. Egli usa spesso l’espressione: “gli uni gli altri”. Quando si perde la reciprocità, si cade nel rigorismo senza cuore. E quando una chiesa perde il cuore, quella chiesa non ha più niente da dare e da dire a nessuno.