Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

Paolo nella lettera ai Romani afferma di essere stato chiamato ad essere apostolo e appartato per “il Vangelo di Dio, che egli aveva già promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sante Scritture (1,2). Gesù è la buona notizia annunciata dai profeti. Paolo e Giovanni (e il Nuovo Testamento) dicono che sulla croce Gesù ha portato a compimento le Scritture. L’affermazione che Gesù ha portato a compimento le Sacre Scritture è condivisa quasi da tutti. Il disaccordo nasce quando si comincia a discutere sul significato della parola “compimento”, sulla relazione tra Antico e Nuovo Testamento, sulla dialettica tra continuità e novità. Alcuni dicono che la venuta di Gesù ha prodotto una rottura totale con l’Antico Testamento. È come se un terremoto avesse distrutto completamente una casa e non resta altro da fare che costruirne una nuova sulle macerie della vecchia. Si enfatizza la novità a discapito della continuità. Altri invece affermano che c’è una perfetta continuità, a tal punto che non vedono più la novità di Gesù, che rimane sullo sfondo. Se posso fare un esempio, a me pare che la relazione tra continuità e novità assomigli, per certi versi, al rapporto che c’è tra padre e figlio: io sono certamente in continuità con mio padre, non sarei qui senza di lui, ma io non sono mio padre, sono altro rispetto a lui. Che cosa dicono i vangeli in merito a questo tema?


Iniziamo dall’ultimo dei quattro: il vangelo di Giovanni. Che Gesù sia in continuità con le Scritture e con il popolo di Israele è del tutto evidente. Pilato fa porre sulla croce questa iscrizione: “Gesù il nazareno, il re dei giudei” (19,19). Tutti sanno che egli è un galileo di Nazaret (1,46). La samaritana lo identifica (da come parla e veste) come un giudeo, un ebreo qualunque (4,9). Gesù è figlio di una donna ebrea di nome Maria (conosciuto anche come il figlio di Giuseppe), che è presente alle nozze di Cana e sotto la croce. Il vangelo lo presenta inserito nel suo mondo: il contesto ebraico fatto di religione, cultura, feste, costumi, usanze. Giovanni però rivela sin dal prologo l’identità divina di Gesù: egli è il Figlio di Dio, uno con il Padre. L’evangelista cita spesso l’Antico Testamento e ne mostra il compimento, con la formula “è scritto”, oppure “è scritto nei profeti”. Gesù stesso afferma che gli scritti di Mosè parlano di lui (5,46-47). Afferma che il suo è il tempo che Abramo ha sperato di vedere (8,56). Sulla croce, prima di morire, Gesù, “affinché la Scrittura fosse adempiuta”, dice di avere sete e poi esclama: “È compiuto!” (19,28-30). Con Gesù e in lui si compie tutta la storia della salvezza; in lui si compiono tutte le attese e le speranze dell’Antico Testamento. Il quarto vangelo, oltre alla continuità, parla anche di un altro aspetto: Gesù realizza tutte le prerogative attribuite al sistema levitico, al tempio, ai sacrifici, alle feste. Giovanni non parla tanto di “nuovo” (kainos), quanto di “vero” (alethos): Gesù è il vero pane disceso dal cielo (non la manna); è la vera vite (non più Israele come in Isaia 5). Gesù è il tempio di Dio, l’Agnello per i peccati del mondo, l’acqua che disseta, il buon pastore. Gesù adempie in sé il significato delle festività ebraiche (Pasqua, Capanne, sabato). Gesù si identifica come l’“Io sono” (che è il nome con il quale Dio si rivela a Mosè). In una discussione con i giudei afferma che i veri figli di Abramo sono quelli che hanno fede e che operano come lui (8,30-47), non i discendenti carnali (che chiama “progenie del diavolo”). Continuità sì, ma anche novità, superamento e, in certi casi, rottura.


Anche i vangeli sinottici esprimono chiaramente questa dialettica o relazione tra continuità e novità. Matteo è quello che più mostra l’adempimento delle profezie. Per i Sinottici Gesù è il Messia atteso e promesso dalle Scritture. Egli è il figlio di Davide. Luca parla della dipartenza di Gesù come di un “esodo”. Il tema della continuità è presente ovunque nei tre vangeli. L’immagine dello sposo e delle nozze (e il tema della gioia) sviluppano l’idea di compimento dell’antico. Gesù realizza in sé tutte le figure tipologiche, compie le promesse e porta a compimento la storia della salvezza. Anche il tema della novità è bene evidenziato, soprattutto in Marco. Nel portare a compimento ogni cosa, il nuovo completa, perfeziona, supera e, a volte, si contrappone all’antico, al precedente. Il vestito vecchio è rigettato e rimane il nuovo; gli otri vecchi sono sostituiti dai nuovi. Al fico seccato fin dalle radici, prima del suo ingresso in Gerusalemme, Gesù dice: “Nessuno mangi mai più frutto da te” (Marco 11,14). Nella parabola dei malvagi vignaiuoli Gesù dice che “la vigna sarà loro tolta e data ad altri” (Marco 12,9). Continuità sì, ma anche grande novità. La novità dei tempi messianici, annunciata dai profeti, diventa nei vangeli una delle parole per dire la salvezza di Dio in Gesù Cristo.

Paolo Mirabelli

02 ottobre 2023

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“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

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