Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

Nel discorso in parabole di Matteo capitolo 13, Gesù paragona il regno dei cieli a un tesoro e a una perla (13,44-46). Chi (come l’uomo dei campi o il mercante) trova il regno dei cieli non subisce una diminuzione della vita, ma ottiene una vita esuberante. Ci sono parole, come tesoro o perla, che non hanno bisogno che vi si aggiunga un aggettivo per esprimere qualcosa di valore. Noi non usiamo la parola “tesoro” o “perla” per parlare di una gomma per cancellare. Se diciamo “tesoro” o “perla” ci riferiamo a qualcosa che ha grande valore. Così quando pensiamo al regno dei cieli, dobbiamo aver in mente qualcosa che ha un valore immenso, inestimabile, non a qualcosa di poco conto. Nelle due parabole ci sono tre elementi che ci aiutano a capire il grande valore del regno dei cieli: la gioia, la ricerca e il vendere tutto per avere il tesoro o la perla. Primo: la gioia. La preziosità di una cosa e di una persona è relativa alla gioia che suscita in noi. La grande gioia dell’uomo (lavoratore del campo o viandante che sia) ci dice la coscienza di costui per aver trovato un tesoro nel campo. Secondo: la ricerca. L’accurata ricerca del mercante (uomo esperto nelle cose che commercia), che non si ferma di fronte al primo oggetto che vede al mercato, testimonia il valore della perla che alla fine acquista. Terzo: il vendere tutto. Nessun uomo di senno venderebbe tutto per qualcosa che non ha valore o ha poco valore. Solo la coscienza che il regno di Dio vale più di ogni altra cosa ti fa abbandonare tutto. Abramo lascia tutto per mettersi in cammino con Dio. I discepoli di Gesù lasciano tutto per seguire il Maestro che li chiama alla sequela.


La parabola del tesoro nel campo (e quella della perla) ribadisce un tema già espresso nella parabola precedente: il concetto di nascosto (13,33.35). Il regno dei cieli non è un qualcosa di esterno che è da tutti percepito, non è una realtà materiale visibile a chiunque, come accade per qualunque altro regno di questo mondo. Il regno dei cieli assomiglia piuttosto a un tesoro nascosto in un campo o al lievito che una donna nasconde (mescola) nella farina. Anche le parole del profeta parlano di cose nascoste dei tempi antichi. Ai farisei che lo interrogano sul quando verrebbe il regno di Dio, Gesù risponde: “Il regno di Dio non viene in modo da attirare gli sguardi; né si dirà: Eccolo qui, o eccolo là; perché il regno di Dio è in mezzo a voi”. (Luca 17,20-21). Il regno è in mezzo a noi, o meglio, è dentro di noi (vedere il significato di entos in Matteo 23,26). Davanti a Pilato Gesù afferma che il suo regno non è di questo mondo (non è come gli altri regni del mondo), e non ha un esercito di soldati che combattono con la spada (Giovanni 18,36). Il suo è un regno nascosto che si percepisce soltanto nella fede. È con gli occhi della fede che vediamo il piano di salvezza e il governo di Dio nella storia del mondo. È la rivelazione di Dio (la Bibbia) che ci spiega le cose nascoste fin dalla fondazione del mondo. È la fede che ci fa vedere ciò che gli occhi degli altri non vedono. Ci sono uomini che vedono gli edifici delle grandi chiese e pensano che quella sia la casa di Dio; sono gli stessi che poi disprezzano quei piccoli gruppi di cristiani che si riuniscono nelle case per adorare Dio. Solo la fede permette di cogliere la realtà e il valore delle cose spirituali.


I tre momenti fondamentali delle due parabole sono scanditi ed espressi dagli stessi verbi: trovare, vendere, comprare. Nel caso del mercante c’è pure l’accurata ricerca. Sia l’uomo che trova il tesoro sia il mercante che trova la perla di gran valore vendono tutto ciò che possiedono per acquistare ciò che hanno trovato. Il regno di Dio è un bene così immenso e di inestimabile valore che chi lo trova capisce che bisogna disfarsi di tutto pur di averlo e possederlo. I tre verbi fondamentali ripetono, per così dire, sotto un’altra forma, l’imperativo o l’invito alla conversione. Chi ascolta l’annuncio della Parola di Dio non deve essere come il seme caduto sulla strada, o sulla roccia, o in mezzo alle spine, ma deve essere come il terreno buono, che riceve la Parola e la fa fruttare.


Queste due parabole, per molti aspetti simili ma non identiche, evocano la realtà inaudita del regno dei cieli. Una realtà misteriosa, eccelsa, che possiamo accostare solo attraverso similitudini, perché non cade sotto la nostra esperienza diretta. Esse parlano più dell’atteggiamento di chi sperimenta il regno nella sua vita che del regno stesso; più dell’uomo che del tesoro, più del mercante che della perla. Il regno, misterioso e nascosto, entra nella nostra vita e la riempie di gioia. Occorre capirlo e afferrare questo dono e possibilità. Dopo una vita di ricerca, finalmente la grazia di scoprire il regno dei cieli. Tutto ciò che noi possediamo diventa niente di fronte al valore della scoperta.

Paolo Mirabelli

30 luglio 2023

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“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

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