Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

È l’apostolo Paolo che parla di una “ricchezza” e di una “povertà” di Cristo. Il passo che vogliamo studiare e sul quale vogliamo meditare si trova nella seconda lettera di Paolo ai Corinzi: “Infatti voi conoscete la grazia del nostro Signore Gesù Cristo il quale, essendo ricco, si è fatto povero per voi, affinché, mediante la sua povertà, voi poteste diventare ricchi (8,9). Qual è il significato di queste parole e quali insegnamenti l’apostolo vuole trasmetterci?


Il testo si trova inserito nel contesto della colletta per i fratelli poveri di Gerusalemme (capitoli 8 e 9). Paolo esorta i Corinzi a rispondere con generosità a tale iniziativa di sostegno verso i fratelli nel bisogno. L’apostolo adotta varie motivazioni per convincere i Corinzi a partecipare generosamente al bisogno dei fratelli, e all’improvviso, con una pennellata di cristologia, si appella all’esempio di Cristo stesso: da ricco che era, si è fatto povero per noi, affinché noi diventassimo ricchi. Non può esserci motivazione più grande e più importante di questa per convincere i Corinzi e noi a fare ciò che Dio vuole. L’esempio di Cristo è sempre l’argomento più valido e convincente.


Fin dall’antichità questo testo è stato inteso in riferimento all’incarnazione, in quanto assunzione della natura umana, povera, limitata, debole, sottoposta anche alla morte. Il Cristo divenne povero nell’atto di divenire uomo; egli ha lasciato lo splendore del cielo per assumere la povera e misera condizione umana e venire su questa terra. A questa spiegazione alcuni aggiunsero anche quella della povertà economica. Ilario di Poitiers scrisse che il “padrone dei cieli non ha posseduto né argento, né campi, né greggi”. Possiamo concordare sul fatto che effettivamente Gesù non è vissuto nel lusso e nell’agiatezza, non è nato in una famiglia ricca, non ha studiato nelle migliori scuole del tempo, non ha posseduto case o beni materiali. Tuttavia va anche detto che Gesù veniva assistito e riceveva ospitalità dai suoi amici e discepoli: a Betania, dalle sorelle di Lazzaro, era di casa; alcune donne benestanti lo assistevano e lo servivano con i loro beni. I suoi nemici lo accusavano di essere un “mangione e un beone”, mentre di Giovanni Battista dicevano che conduceva uno stile di vita troppo austero. Perciò la sua non era miseria, ma sobrietà in coerenza con il messaggio del Regno dei cieli da lui predicato. Il suo stile di vita non era motivato dal disprezzo dei beni terreni o da un ideale di ascetismo e di austerità.  Il Nuovo Testamento attesta ampiamente parole di Gesù sulla povertà e sui suoi atteggiamenti verso i poveri della società in cui visse, ma non parla mai di una mistica della povertà del Cristo. Gesù non ha mai scelto di rinunciare ai beni di questo mondo per vivere una vita ascetica fatta di continue rinunce, di privazioni e di povertà assoluta.


Il testo è costruito con i verbi greci al participio presente e all’indicativo aoristo nella proposizione principale. Il tempo aoristo indica una azione puntuale: l’apostolo ha in mente il “si è fatto povero”, cioè l’incarnazione, piuttosto che la condizione di vita vissuta (la vita incarnata). La dinamica del testo indica un passaggio da un punto di partenza, la ricchezza, a un punto di arrivo, la povertà; da una condizione di gloria e pienezza a una condizione di debolezza e umiliazione. Il verbo all’aoristo indica la situazione originaria da cui Gesù è uscito e il suo effettivo divenire. Il vocabolario paolino della “ricchezza” (ploutos e derivati) è spesso usato (non sempre) per indicare la ricchezza di Dio, di Cristo, della grazia; ed è meno usato per indicare i beni terreni. I vocaboli ricco e povero hanno un significato che trascende, che va oltre, la semplice connotazione economica e sociale. Il detto di Paolo è costruito su un ripetuto gioco verbale di contrapposizione di ricchezza e povertà: Gesù, da ricco che era, si è fatto povero; e la sua povertà è finalizzata a ottenere la ricchezza dei Corinzi e la nostra. I Corinzi conoscevano (“voi conoscete”), dalla predicazione del Vangelo, la grazia (charis) del Signore Gesù Cristo, che ha preso su di sé la nostra povertà umana e ci ha resi partecipi della sua ricchezza: in lui noi abbiamo ogni cosa pienamente.


Una particolare somiglianza si nota tra questo testo e l’inno cristologico di Filippesi 2,5-11. I due passi sono costruiti in maniera simile, sia nelle forme verbali sia nel movimento del testo. Filippesi 2 presenta la visione globale della vita del Cristo: dall’abbassamento nell’incarnazione, fino alla umiliazione della croce, per giungere all’esaltazione celeste. Il detto di 2 Corinzi 8,9 sottolinea con maggiore chiarezza il valore salvifico della povertà scelta da Cristo: Gesù ha rinunciato alla gloria e alla vita celeste per noi, per salvarci e arricchirci dei beni di Dio.

Paolo Mirabelli

16 maggio 2022

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“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

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