Agostino d’Ippona si accostò alle Sacre Scritture a partire dalla sua conversione. Prima ebbe una buona formazione retorica. La sua ricerca filosofica approdò al neoplatonismo, che gli insegnò a elevarsi dal mondo dei fenomeni a quello delle realtà intelligibili. A influenzare la sua formazione esegetica sono stati diversi maestri, ma senz’altro un ruolo notevole lo ebbero le predicazioni di Ambrogio di Milano e il libro di Ticonio. Agostino sentì l’influsso della scuola alessandrina, ma nei suoi commenti si servì di diverse scuole esegetiche.
Nella sua esegesi Agostino segue il principio che la Scrittura deve innanzi tutto condurre il lettore a Dio, attraverso la crescita della fede, speranza e amore. Dio è l’autore principale delle Scritture, ed è questo che ne costituisce l’unità. Antico e Nuovo Testamento sono collegati e spiegati in Cristo. La sua esegesi è caratterizzata da un forte cristocentrismo. Il senso storico-letterale è fondamento di un senso spirituale. La Scrittura va spiegata con la Scrittura. L’uso delle scienze umane possono essere un valido aiuto ma non devono interferire e prevaricare sulla Scrittura. Per i passi oscuri e difficili vige anche il principio dell’ecclesialità: una dottrina non può contraddire la regola di fede di tutta la chiesa. Dopo aver richiamato alcuni principi, vediamo ora come Agostino commenta nei suoi scritti, trattati e sermoni, il capitolo 9 del vangelo di Giovanni.
Innanzi tutto due dati. Il primo. Tutti i miracoli compiuti da Gesù sono opere e parole: opere perché sono fatti realmente accaduti, parole perché sono segni, rimandano a una realtà più alta, contengono un mesaggio. Il secondo. La storia del cieco nato contiene anche un significato spirituale. Tutto il mondo è cieco a motivo del peccato: il diavolo, ingannando il primo uomo, aveva accecato tutti gli uomini, talché tutti nascono ciechi spiritualmente o interiormente. Perciò il cieco nato di Giovanni 9 è o rappresenta il genere umano. Gesù Cristo è venuto a illuminare gli uomini, a recare la luce, a dare la vista, a coloro che credono in lui. Cristo è la luce degli uomini e del mondo.
La guarigione del cieco significa la illuminazione dell’uomo. Non solo Agostino, ma molti scrittori antichi parlano di illuminazione (photismos) in connessione con il battesimo. Agostino afferma che la cecità è l’assenza di fede, l’illuminazione è la fede. Il cieco lavò i suoi occhi nella piscina o vasca di Siloe, che significa “inviato” (Gesù è l’inviato del Padre), e così fu battezzato in Cristo. Quando fu battezzato, fu illuminato. Nel battesimo chi crede lava i suoi occhi, per essere illuminato.
In polemica contro gli ariani, Agostino rivendica al Figlio l’uguaglianza e l’unità con il Padre, così che le opere del Padre sono anche le opere del Figlio, per questo Gesù dice: “Io sono venuto per compiere le opere di colui che mi ha mandato” (9,4). Negli scritti di Agostino non manca mai la vena polemica. Agostino coglie ogni dato per farne uno sviluppo cristologico, come dire che senza Gesù la Bibbia rimane muta o priva di significato.
Le calunnie e le accuse dei Giudei a Gesù, la loro incomprensione e incredulità, il loro ostinato proposito di morte, si devono ricondurre a quella cecità spirituale di cui si è parlato. Ed è questa loro cecità il motivo per cui non seppero riconoscere e vedere che in Cristo alla legge antica si sostituiva la grazia. Induriti, accecati, quelli che si vantarono di vedere la luce, crocifissero la luce (Gesù), ma la luce crocifissa illuminò i ciechi.
L’episodio del cieco nato diventa un paradigma del cammino di fede di colui che si converte. Il cieco guarito, subito dopo il miracolo, non riconosce ancora il Figlio di Dio, ma davanti ai farisei che lo accusano di mentire chiama Gesù “profeta”. Soltanto dopo lo confessa: “Credo, Signore, e si prostrò davanti a lui”. I Giudei scacciano il cieco perché confessa Gesù, ma il Signore lo accoglie; la sinagoga lo espelle, Gesù lo accoglie. È così egli diventa cristiano. Questo stesso cammino di fede deve compiere chi incontra Gesù e vuole diventare un cristiano.
A che serve conoscere il commento di Agostino di Ippona per il messaggio evangelico? Certo, si può anche fare a meno del pensiero di Agostino o di altri scrittori, antichi e moderni, per lo studio della Bibbia. Tuttavia, il loro commento può aiutare la nostra comprensione della Scrittura e fornire stimoli per la fede. Non bisogna smarrirsi nel labirinto delle teorie umane o perdersi nelle macerie dei pensieri fossilizzati dal tempo, ma bisogna saper cogliere l’invito che essi ci rivolgono: attingere al pullulare vivo delle mille sorgenti (della Scrittura) attraverso le quali scorre l’acqua della vita.