Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

L’episodio dell’incontro tra Gesù e la donna cananea è inquadrato geograficamente dalla menzione di Tiro e Sidone, i cui nomi hanno significato anche teologico: designano cioè le nazioni pagane che nelle condizioni precisate dal racconto hanno parte nel ministero di Gesù. Il racconto evangelico si apre dicendo che Gesù “uscì di là” (Gennesaret) e “si ritirò nelle parti di Tiro e di Sidone”. Anche la donna cananea “uscita da quelle regioni” andò incontro a Gesù. Un incontro dunque al confine tra due regioni, al confine tra ebrei e pagani, al confine tra due mondi. Tutto contribuisce a ordinare un racconto in cui Gesù e i discepoli appaiono guidati da un senso di appartenenza molto forte, perfino intransigente. La donna si scontra prima con il silenzio di Gesù, poi con la risposta secca rivolta ai discepoli, infine con la dura risposta rivolta a lei personalmente. Per ben tre volte la donna disperata e piena di fiducia incontra il “no” di Gesù. Il racconto si articola in quattro momenti: la richiesta iniziale della donna e il silenzio di Gesù; la reazione infastidita dei discepoli e la risposta di Gesù; la nuova richiesta di aiuto della donna e la risposta negativa di Gesù; le parole della donna sul pane e i cagnolini e la risposta favorevole di Gesù, che elogia la sua fede e guarisce la figlia.  


La donna cananea ha una figlia tormentata da un demonio. Il testo evangelico suppone che lei fosse una pagana, che però aveva sentito parlare di Gesù, figlio di Davide, e credeva in lui. Nel racconto emerge la pedagogia di Gesù nel provare a suscitare progressivamente la fede della donna. Il primo atto del Signore è il silenzio, come segno di non volere intervenire a favore della persona ammalata. I discepoli reagiscono infastiditi e chiedono a Gesù di mandarla via, o di farle grazia, di liberarsene esaudendola. Gesù risponde con una frase sulla sua missione, dicendo di non essere inviato che alle pecore perdute della casa di Israele, prima di occuparsi dei pagani, i quali agli occhi dei giudei erano considerati cani. Con tale risposta Gesù non solo mette alla prova la fede della cananea, ma insegna che l’esaudimento della pagana è un preludio dell’accesso dei pagani alla salvezza. La donna lascia cadere ogni pretesa, si prostra davanti a Gesù e chiede nuovamente aiuto: “Signore, aiutami!” La risposta di Gesù non sembra esaudire la sua preghiera: “Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini”. La qualifica dei pagani come “cagnolini” anziché “cani” è molto dura, ma evidenzia la contrapposizione esistente allora tra ebrei e pagani. La donna, animata dalla sua necessità e dalla fiducia, ammette la priorità dei figli e con evidenza afferma la possibilità anche per i cani di nutrirsi delle briciole dalla tavola dei padroni. Va ricordato che Gesù ha appena operato la moltiplicazione dei pani per una folla di ebrei, e ne sono rimaste dodici ceste di avanzi. La donna reclama umilmente per sé le briciole. Gesù elogia la sua fede e guarisce la figlia.


Alla fine il racconto mostra la vera intenzione di Gesù: aveva resistito alla richiesta della donna per provare e per mettere in luce la fede della cananea, di cui ne fa un grande elogio. L’episodio è pure una illustrazione degli effetti della preghiera perseverante. L’agire di Gesù mostra il vero motivo teologico del piano di Dio: chiamare tutti, ebrei e pagani, alla salvezza e ai beni messianici.


L’incontro tra Gesù e la donna cananea fa rivive per un momento l'antica inimicizia tra Israele e le popolazioni idolatriche cananee che abitavano la terra promessa. L’identità giudaica, il forte senso di appartenenza, costituisce un ostacolo all'incontro con la donna, la quale si scontra con il silenzio di Gesù, con la risposta secca rivolta ai discepoli che si fanno intercessori interessati per la donna, con la dura risposta rivolta a lei personalmente. Ma Gesù ci insegna a vivere l’identità non in modo chiuso ed escludente, non una identità chiusa su noi stessi, ingessata in fanatismi, bensì una identità salda e aperta che sa incontrare l’altro. Gesù ci insegna a non fare della nostra identità un ostacolo alla salvezza degli uomini. Costitutivo dell'identità è l'ascolto della sofferenza altrui. Gesù si lascia interpellare dalla sofferenza della donna: la sua figlia è gravemente malata, e il dolore di una madre cananea non è così diverso dal dolore di una madre ebrea. Vi è un territorio abitato da ogni uomo, la sofferenza, che travalica ogni confine e ci rende tutti connazionali.


La metafora della casa con la tavola, in cui i cagnolini hanno accesso insieme ai figli e si sfamano delle briciole dei figli, lascia chiaramente intravedere il tempo in cui ebrei e pagani saranno parte dell’unica chiesa (unica casa) e avere accesso a una unica mensa o tavola. L’episodio della donna cananea anticipa la missione alle genti e l’accesso dei pagani nella chiesa.

Paolo Mirabelli

15 giugno 2021

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“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

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