Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

Il brano di Ezechiele evoca per certi versi il dibattito sull’inquinamento dei nostri giorni, un modo per contestualizzare il testo biblico, senza però strumentalizzarlo. Dopo tanto inquinamento, causato dallo sviluppo e il progredire dello stile di vita, è giunto il tempo in cui ci sia più attenzione verso il mondo nel quale viviamo. Urge intervenire subito prima che sia troppo tardi, poiché già si parla di danni irreversibili per l’inquinamento dei mari e dell’intero pianeta. Dio ritiene responsabile chi danneggia la creazione, opere delle sue mani. L’uomo creato da Dio a sua immagine e somiglianza, chiamato a dominare e a sottomettere ogni cosa che si muove sulla terra (Genesi 1,26-29), non può dimenticare che non è il padrone assoluto del mondo, come i divieti del Signore gli ricordaono, e che ha ricevuto da Dio il compito di “lavorare e custodire il giardino” (Genesi 2,15).


Il brano del profeta Ezechiele tuttavia ha un messaggio che va oltre questo orizzonte. Certo può offrire degli spunti per la riflessione attuale, ma propone, per così dire, una “ecologia dall’alto”. Nella visione profetica, un fiume esce dal tempio di Dio e purifica il mare, e le acque brulicano di pesci. Il torrente che sgorga dal tempio diventa un fiume di vita lungo il deserto e porta vita al Mar Morto. L’immagine del fiume della vita purificatore non riguarda il fiume Giordano, semmai evoca il fiume diviso a quattro bracci dell’Eden (Genesi 2,10-14) e fa pensare all’episodio delle acque amare incontrate da Israele all’uscita dall’Egitto (Esodo 15,22-27) e al miracolo di Eliseo (2 Re 2,19-22). In Ezechiele 37 è il vento dello Spirito che porta vita nella valle delle ossa secche, qui è l’acqua del fiume. Nel libro del profeta Geremia il Signore è chiamato “la fonte/sorgente d’acqua viva” (2,13; 17,13). Giovanni, nel Nuovo Testamento, applica a Cristo che dona lo Spirito Santo il significato dell’acqua della vita (Giovanni 7,38-39) e nella Nuova Gerusalemme celeste vede il fiume dell’acqua della vita che procede dal trono di Dio e dell’Agnello (Apocalisse 22,1-2).


I capitoli 40-48 del libro di Ezechiele contengono la descrizione dettagliata e minuziosa del nuovo tempio, con l’indicazione delle misure e dei particolari della costruzione secondo il modello celeste.  Il profeta Ezechiele, condotto in visione su un alto monte, vede la città e la gloria (“kabod”) del Signore entrare nel tempio, che prima aveva abbandonato, per abitarvi. Il brano di Ezechiele 47 descrive gli effetti vivificanti della presenza del Signore, che è fonte di benedizione: ciò è espresso con l’immagine dell’acqua che purifica, disseta e da vita. La nuova vita viene espressa e narrata con il vocabolario della nuova creazione, a partire dall’acqua in cui brulicano gli esseri viventi. L’acqua (il vocabolo è usato 14 volte nel testo) ha la sua sorgente alla base del nuovo tempio e fluisce verso oriente e verso sud, nella valle del Cedron, e sfocia nel Mar Morto, il mare salato dove non è possibile la vita. L’abbondanza inesauribile della benedizione è efficacemente descritta con l’azione dell’uomo o angelo misuratore, che di mille cubiti in mille cubiti misura con una cordicella il fiume verso mezzogiorno (sono fatte quattro misure di mille cubiti ciascuna; mille cubiti equivalgono a poco più di 500 metri). Alla fine il fiume è così in piena che è impossibile attraversarlo a guado, segno della abbondanza delle benedizioni di Dio e della preponderante vittoria della grazia. L’inviato di Dio ne sottolinea il significato, invitando il profeta veggente a leggere e interpretare il segno: “Hai visto, figlio d’uomo?” (47,6). L’attenzione del profeta si sposta dall’acqua alle rive del fiume, dove sono visibili le conseguenze di questa sovrabbondanza di benedizioni: la vegetazione è lussureggiante sulle due sponde. Le acque che sgorgano dal santuario, in cui abita il Dio vivente, portano ovunque la vita. Nella spiegazione dell’uomo/angelo c’è la vittoria totale sulla morte: il fiume raggiunge il Mar Morto, in cui nessuna vita è possibile, e ne risana le acque. Una grande quantità di pesci può vivere ora in quel mare grazie al fiume di vita che giunge ad alimentarlo. La parte conclusiva del discorso fatto al profeta riassume la visione escatologica del trionfo della vita. Gli alberi da frutto perenni, che fruttificano ogni mese, rappresentano l’inesauribilità della grazia, che tutto vivifica, tutto nutre, tutto guarisce. È come se, in un quadro d’insieme della Bibbia, al giardino dell’Eden irrigato dal fiume diviso in quattro bracci (Genesi 2,10-14), si sostituisca ora la visione della terra irrigata dalla benedizione di Dio. L’immagine della vita torna (ha compimento) nell’ultimo libro della Bibbia, l’Apocalisse, dove le foglie dell’albero della vita risanano le nazioni, in una visione universalistica della Gerusalemme celeste (Apocalisse 22,1-5).

Paolo Mirabelli

11 maggio 2021

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“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

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