Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

Nel racconto della perdita dell’arca durante la battaglia contro i filistei (capitoli 4-6), Samuele non è menzionato. Questo silenzio è interrotto nel capitolo 7, nel quale è narrata la vittoria di Israele sui filistei, sotto la guida di Samuele. Samuele riappare all’improvviso e in modo decisivo nel racconto, e assume il ruolo tracciato nei capitoli 1-3, un ruolo simile per certi aspetti a quello di Mosè. Qui egli, più che sacerdote, è paragonabile ai giudici maggiori, poiché ottiene vittoria con l’aiuto di Dio. Samuele esorta gli israeliti ad allontanarsi dagli dèi stranieri, e gli israeliti ascoltano il suo consiglio. Non sfugge certo che Samuele nemmeno scende in battaglia, bensì prega (7,5.9). Nel ruolo di intercessore, egli è come Mosè (in Geremia 15,1 i due sono associati come intercessori). Nella nota conclusiva del capitolo appare come un giudice che esercita il diritto in vari luoghi, paragonabile nella sua funzione ai giudici d’Israele. Samuele è “più che profeta”.


7,1-4. Il ritorno dell’arca a Chiriat-Iearim è segno tangibile della presenza di Dio nuovamente in mezzo al suo popolo, per liberarlo dagli oppressori. Tuttavia la semplice presenza dell’arca non garantisce il favore di Dio: Israele, nella battaglia di Afec, impara che non l’arca in sé, bensì è la sottomissione al Dio dell’arca che benedice e protegge dai nemici. Eleazar è consacrato perché custodisca l’arca del Signore. Per vent’anni (l’arca resta a Chiriat-Iearim circa cento anni, finché Davide non la trasporta a Gerusalemme; 2 Samuele 5,5; 6,1-11) gli israeliti, oppressi dai filistei, elevano gemiti e implorano pentiti il soccorso di Dio. Samuele, nella funzione di sacerdote, capo politico e giudice, convoca il popolo a Mispa (luogo di guardia), a circa dieci chilometri a nord di Gerusalemme. Mispa ha una importanza anche simbolica nella memoria, perché evoca il mucchio di pietre eretto da Giacobbe come segno di alleanza con Labano (Genesi 31,46), la città dove si riuniscono le tribù per decidere come vendicare l’infamia di Ghibea (Giudici 11,11-34), la città dove Saul viene presentato per essere re d’Israele (1 Samuele 10,17). Per avere l’aiuto di Dio non basta gemere, bisogna emendare la vita, togliere il male e gli dèi stranieri. Baal, figlio di Dagon, dio del tuono e della pioggia, il suo compito è di rendere annualmente fertile la terra; Astarte, dea dell’amore e della fertilità annuali; dall’unione sessuale tra i due dipende la fecondità della vita e della terra. Il consiglio di Samuele di rinunciare alla idolatria mostra quanto l’idolatria sia diffusa in quel tempo in Israele. Samuele invita il popolo a “non avere altri dèi” e a tornare a Dio con tutto il cuore, e questo esige che Israele appartenga soltanto a Dio e non si lasci sviare dalle divinità che promettono sicurezza e prosperità. Nei suoi appelli risuonano le parole rivolte a Israele da Mosè sul Sinai e da Giosuè a Sichem. Israele deve scegliere tra la fedeltà a Dio o l’illusione dell’idolatria. Israele risponde togliendo di mezzo gli dèi stranieri: “Servirono il Signore soltanto”.


7,5-6. Samuele convoca Israele a Mispa. Il raduno comincia con un atto di pentimento. Il rito di attingere e spargere acqua davanti al Signore non è attestato altrove nell’Antico Testamento (ma si veda 2 Samuele 23,16), né nel resto della Sacra Scrittura, ma è praticato dagli ebrei posteriori nella solennità dei tabernacoli (Giovanni 7,37).


7,7-14. I filistei attaccano gli israeliti. A Samuele è chiesto di intercedere per il popolo: egli fa un sacrificio e prega Dio, e il Signore libera Israele in modo miracoloso dalle mani dei filistei. Lo schema grido-risposta (il popolo grida, Dio salva) richiama il libro dei Giudici, ma anche l’esodo e l’intera storia biblica. La nostra cultura moderna (la ragione illuminata) non crede a questo tipo di racconto: non crede che Dio possa rispondere con il tuono e liberare il suo popolo. Eppure questa è una verità attestata in tutta la Bibbia e vissuta da chi si affida a Dio con tutto il cuore. Non è una formula magica, né uno schema meccanicistico. Dio è fedele alle sue promesse e perciò risponde alle preghiere dei suoi, i quali mostrano fedeltà a lui e cercano la sua volontà. La salvezza d’Israele e la vittoria sui filistei è opera di Dio. Samuele erige un monumento di pietra tra Mispa e Sen, che chiama “Eben-Ezer” (pietra di soccorso), perché “fin qui il Signore ci ha soccorsi”.


7,15-17. La nota conclusiva parla della funzione di giudice svolta da Samuele e del suo ministero itinerante: per provvedere più da vicino ai bisogni del popolo, dirimerne le liti, ascoltarne i reclami, Samuele viaggia nelle principali città santuario (Betel, Ghilgal, Mispa), nel territorio della regione efraimita, avendo però residenza abituale a Rama.

Paolo Mirabelli

24 settembre 2020

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Non basta possedere la Bibbia: bisogna leggerla. Non basta leggere la Bibbia: bisogna comprenderla. Non basta comprendere la Bibbia: bisogna viverla.

“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

Trova il tempo per pensare; trova il tempo per dare; trova il tempo per amare; trova il tempo per essere felice. La vita è troppo breve per essere sprecata. Trova il tempo per credere; trova il tempo per pregare; trova il tempo per leggere la Bibbia. Trova il tempo per Dio; trova il tempo per essere un discepolo di Gesù.