Il capitolo 12 del vangelo di Matteo tratta la questione legata al sabato: in diversi episodi assistiamo a delle dispute dei farisei contro Gesù in merito all’osservanza del sabato. Dopo l’episodio delle spighe di grano mangiate dai discepoli nei campi, Gesù è “nella loro sinagoga” in giorno di sabato. Un uomo, che ha una mano secca, paralizzata, si presenta nella sinagoga davanti a Gesù. I farisei si servono della malattia e del dolore dell’uomo per tentare Gesù. Gli domandano sei sia lecito guarire una persona in giorno di sabato. L’uomo non è in pericolo di vita e dunque potrebbe essere guarito negli altri giorni della settimana. Gesù invece lo guarisce proprio di sabato, stabilendo il principio secondo il quale è certamente lecito far del bene in giorno di sabato. Il sabato non è un tempo perso, inefficace, ma è un tempo in cui si opera per il bene dell’uomo. I farisei reagiscono tenendo un consiglio contro di lui, col fine di farlo morire. È significativo che Gesù guarisca e fa del bene a un uomo in giorno di sabato, mentre i farisei vogliono uccidere Gesù. Chi veramente trasgredisce il sabato, lui o i farisei? Gesù, saputo del loro complotto, si parte di là; e molti lo seguono, ed egli guarisce tutti i malati, ma ordina loro severamente di non farlo conoscere. Rendere noto che egli è il Messia produrrebbe soltanto una maggiore opposizione da parte dei farisei. Gesù non è in cerca di visibilità: la sua unica preoccupazione è quella di dedicarsi umilmente ai sofferenti e ai diseredati. E l’evangelista Matteo vede in tutto questo l’adempimento di una profezia del profeta Isaia: le parole del profeta descrivono perfettamente il modo di fare di Gesù.
Quella che leggiamo in Matteo 12,18-21 è la più lunga citazione isaiana (di Isaia) nel vangelo di Matteo. È tratta dal passo che si considera solitamente come il primo canto del Servo. Lasciamo stare qui le discussioni su chi sia la figura storica di cui si parla nei quattro canti del libro di Isaia, e limitiamoci alla lettura e interpretazione ispirata di Matteo e all’intenzione che l’evangelista ne fa a questo punto del suo racconto. È evidente per Matteo che il Servo del Signore di cui parla Isaia sia Gesù Cristo. È qui che interviene la citazione matteana di Isaia 42,1-4, che ci presenta il Servo del Signore. La citazione del testo di Isaia fatta da Matteo si discosta dalle versioni finora conosciute: sembra essere una citazione libera del testo ebraico fatta per esprimere con più forza il ministero di Gesù. La parola greca tradotta con “servo” non è doulos o diakonos, ma pais, che significa anche “figlio”. Del Servo del Signore si dice che egli è “il mio Servo che ho scelto, il mio diletto, in cui l’anima mia si è compiaciuta”. La profezia citata non lascia dubbi in merito al fatto che il Messia Servo ha tutta l’approvazione di Dio in ciò che fa. E allora, con il loro rifiuto e la loro crescente opposizione a Gesù, i farisei si oppongono Dio. Sul Servo riposa lo Spirito del Signore per eseguire il giudizio (il greco legge krisis, non dikaiosyne). È lui che annuncia e operare il giudizio relativo alla salvezza. La sua missione è connotata in maniera negativa. Per ben cinque volte si dice ciò che il Servo non fa: non contende, non grida, non fa udire la sua voce sulle piazze, non spezza la canna incrinata, non spegne il lucignolo fumante. Egli non opera nessun giudizio clamoroso, altisonante, non toglie a nessuno il respiro, non spegne nessuna speranza. Non fa paura perché non grida; non alza la voce per imporsi sugli altri. Non va nelle piazze per mettersi in mostra o cercare consenso. Non arringa le folle per suscitare appoggio a una rivoluzione politica. Non è un Messia aggressivo contro qualcuno o contro un particolare sistema socio-politico, ma è un Servo umile e mansueto. Nessuno deve sentirsi inutile o inguaribile, passato o vicino all’estinzione, poiché egli rialza la canna rotta e alimenta di olio il lucignolo fumante. Non importa se il dramma di una persona è dovuto a motivi interni o esterni, egli guarisce tutti i cuori infranti. Tradotto in positivo vuol dire ciò che il Servo fa: opera la salvezza. Nel nome di lui le genti spereranno. La sua missione è universale, la sua opera di salvezza è per tutti. Non ci sono altri nomi nei quali si possa sperare, fuorché quello del Servo del Signore, ovvero Gesù.
Sia la citazione di Matteo sia il testo di Isaia iniziano con il vocabolo “ecco” (il greco ha idou, il latino ecce, come nella frase “ecce homo” di 12,10). Si tratta di una formula di riavvio e serve a introdurre qualcuno o qualcosa (in Isaia introduce la novità e la soluzione di Dio alla desolazione degli idoli muti e inutili, che nulla possono fare per salvare e liberare il suo popolo. Ecco, dice Isaia. Ecco, dice Matteo. Ecco, dice Dio. Ecco il mio Servo, giustizia delle nazioni, luce dei popoli.