Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

I capitoli 4, 5 e 6 del primo libro di Samuele raccontano le vicende dell’arca di Dio nel paese dei filistei: il 4 parla della presa dell’arca, il 5 dell’arca nel paese dei filistei, il 6 dell’arca rimandata in Israele. Dopo l’umiliazione di Dagon e il flagello subito, i filistei riconoscono la superiorità di Dio e decidono di rimandare l’arca indietro, accompagnata di doni. L’arca ritorna in territorio israelita senza che Israele faccia il minimo sforzo. I filistei, piegati dalla mano del Signore, presi dal panico, capiscono che devono liberarsi dell’arca, se vogliono vivere. La situazione si aggrava rispetto a 5,11. Nel capitolo 6 il Signore agisce e si muove in silenzio. Tuttavia, il racconto è prova del potere di Dio: non vi è dubbio per i filistei e per gli ebrei che la sua volontà domina su tutto. Questo racconto è una testimonianza, di generazione in generazione, di come in mezzo agli dèi stranieri, alle potenze politiche, alle tentazioni culturali, Dio è presente nella vita del suo popolo.


6,1-3. L’arca di Dio rimane sette mesi nel paese dei filistei. Poi i filistei chiedono ai loro sacerdoti e indovini come rimandare l’arca in Israele. Il consiglio è misto di buon senso e di superstizione. I filistei si chiedono con quale offerta restituire l’arca. La domanda in realtà è duplice: come e dove mandarla? Come: gli schiavi non possono essere rimandati a mani vuote (Deuteronomio 15,13), né Israele può lasciare l’Egitto a mani vuote (Esodo 11,2), così l’arca deve essere accompagnata da un tributo che dica la dignità e la vittoria del Signore. Dove: “al suo luogo”; in realtà l’arca viene da Silo. Bet-Semes è la prima città che si incontra sulla costa andando da Ecron verso Gerusalemme, nel territorio di Dan. Di là viene poi portata a Chiriat-Iearim, non a Silo perché distrutta dai filistei (4,10), finché Davide non trova un “uso” (2 Samuele 6,1-5).


6,4-5. I filistei dibattono sull’offerta appropriata da inviare: si conviene per cinque emorroidi d’oro e cinque topi d’oro. Il tema dell’oro richiama Esodo 11,2. Il numero cinque si riferisce alle cinque città dei filistei, la pentapoli. Il dono indica rispetto e sottomissione da parte di tutti i filistei.  Nel dono è incluso il valore (l’oro), la sottomissione (cinque), l’eliminazione della piaga (emorroidi). La riproduzione delle emorroidi e le sculture dei topi deve ricordare la piaga: probabilmente sono i topi che devastano il paese e provocano una sensibile diminuzione di provviste alimentari, in quanto roditori. I filistei riconoscono che la mano pesante del Signore è “sopra di loro, i loro dei e il loro paese” (una interessante triade). Dio domina su tutto ciò che è filisteo, sia nel loro cielo sia sulla loro terra. “Date gloria al Dio d’Israele”, dicono.


6,6-9. Il riferimento all’esodo diventa esplicito. I filistei capiscono che non devono indurire i loro cuori, come faraone e gli egiziani, onde evitare la terribile distruzione causata dal faraone con il suo rifiuto. A differenza del precedente richiamo (4,7-8), la memoria dell’esodo induce ora i filistei a lasciare andare l’arca di Dio. Alla fine sono ansiosi che Dio se ne vada, come faraone con Israele. I filistei decidono di rimandare l’arca su un carro nuovo trainato da due vacche appena figliate (una situazione simile si ha in 2 Samuele 6,3-4). Le vacche vengono lasciate libere di andare da sole, senza una direzione prestabilita. Per i filistei, se le vacche vanno verso Israele, è la prova che Dio è l’autore della piaga, altrimenti “tutto ciò ci è avvenuto per caso”.


6,10-12. Nonostante l’attaccamento naturale per i loro nati, che porta a dirigersi verso la stalla, dove sono i vitellini che allattano, le vacche prendono la via che conduce a Bet-Sames, senza deviare né a destra né a sinistra. Tutto è opera di Dio. Il viaggio dell’arca ha un duplice pubblico: i filistei che controllano la prova, gli israeliti che si rallegrano.


6,13-21. L’arca giunge in terra d’Israele al tempo della mietitura (giugno). Con la legna del carro, i leviti fanno un fuoco e offrono le vacche in olocausto. La gran pietra dell’altare diventerà una pietra commemorativa, che ricorderà ad Israele la storia dell’arca. L’arca è simbolo della presenza di Dio ed esige timore. Non la si può toccare (2 Samuele 6,1-11): aprendo e guardando dentro, i settanta la profanano e sono colpevoli di aver trasgredito la legge di Dio (Numeri 4,20). L’arca è pericolosa sia per chi la cattura (filistei) sia per chi la profana (israeliti). L’arca è portata nella casa di Abinadab (dove rimane per circa cento anni) e affidata alla custodia di suo figlio, Eleazar. La destinazione futura è Gerusalemme. Il capitolo 7 ci dice che l’arca rimane venti anni a Chiriat Iearim: forse fino al compimento del tempo del pentimento del popolo, fatto di sospiri e lamenti.

Paolo Mirabelli

10 settembre 2020

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