La parabola de La moneta smarrita e ritrovata (Luca 15,8-10), affine alla precedente (la pecora smarrita, 15,3-7), mette in scena una donna che ricerca affannosamente una dramma perduta tra le dieci dramme, che costituivano il suo gruzzolo. (Il vocabolo drachme è usato tre volte e soltanto qui in tutto il Nuovo Testamento, che menziona così i sistemi monetari giudaici, greci e romani). La dramma d’argento, l’unità monetaria di Atene che aveva valido corso in tutto l’Oriente, equivaleva a un denaro romano e costituiva il compenso per una giornata di lavoro agricolo, come si evince da Matteo 20,2 (altri commentatori vedono nelle dieci dramme della donna la sua dote, posta come acconciatura e ornamento sulla fronte, o il suo risparmio; comunque si tratta di poca cosa: è soltanto la decima parte di ciò che lei possiede, ma non si dà pace finché non la ritrova). Alla parabola del pastore premuroso adatta agli uomini, l’evangelista Luca, che ha grande interesse per le donne, abbina la corrispondente parabola della moneta perduta, assai più comprensibile alle casalinghe, le quali più volte dovevano avere vissuto la stessa esperienza, insieme dolorosa (per la perdita) e gioiosa (per il ritrovamento). I particolari rispecchiano la situazione delle case orientali di quel tempo: pavimento di terra battuta che attutisce il rumore della moneta caduta e la necessità di spazzare la stanza con un ramo di palma e di mettere in ordine le masserizie che, come una specie di bazar (mercatino tipico dei paesi orientali), ingombravano il vano, quasi del tutto privo di mobili. Il bisogno di accendere una lucernina (un lume) di terracotta a olio per fare luce nella stanza buia, nasce perché la casa aveva solo una porticina capace di far passare un sottile spiraglio di luce. La donna fa tanta fatica nella speranza di poter trovare tra le fessure del pavimento la moneta perduta. Le campagne di scavo attuate dai francescani nel villaggio di Cafarnao hanno portato alla luce un gruppo di abitazioni che si aprivano su di un unico cortile comune; è quindi facile immaginare il cicaleccio (chiacchierio) della donna con le vicine, per comunicare loro la gioia provata nel suo ritrovamento.
La spiegazione della parabola. Simile alla gioia della donna è la gioia degli angeli di Dio per la conversione di un peccatore (versetto 10), dove gli angeli sono introdotti per non mettere in scena direttamente Dio. Si tratta di una rispettosa perifrasi, come il “cielo” della parabola precedente, per indicare in modo rispettoso Dio senza nominarlo. Gli angeli erano, infatti, ritenuti la corte divina. Il significato è identico al racconto precedente: non disprezzare i peccatori ma ricercarli, come fece Gesù, per riportarli pentiti a Dio.
Commento degli editori. Questa seconda parabola ripete il pensiero della precedente ma spostando l’accento. Il protagonista non è più un uomo, bensì una donna; non è più un uomo ricco (uno che ha cento pecore), ma una donna povera. Il rapporto numerico tra ciò che si perde e il resto non è più di uno a cento, ma di uno a dieci. La casa della donna si può immaginare costituita di una sola stanza e priva di finestre, come le abitazioni dei poveri di quel tempo. La scopa con cui si spazza la casa deve far tintinnare la moneta sul pavimento di pietra o di terra battuta per ritrovarla. L’accento della parabola è posto soprattutto sull’atto di ricercare, sull’accurata ricerca della donna, ma al centro rimane comunque la gioia per il ritrovamento. Nel versetto conclusivo i peccatori non sono più posti a fronte dei giusti, come nella parabola precedente (15,7), ma a fronte o presso Dio stesso (gli angeli che stanno davanti a Dio sono una perifrasi del nome di Dio: chi c’è davanti agli angeli?). Il punto culminante della parabola è la straordinaria e singolare allegrezza della donna per il ritrovamento della dramma perduta: così è Dio; così è la gioia di Dio per i peccatori pentiti. La parabola è una illustrazione della sorprendente misericordia di Dio, che prova gioia nel concedere il perdono ai peccatori. La parabola è una giustificazione della missione salvifica di Gesù (e del Vangelo) che accoglie i peccatori, anche se criticato ingiustamente dai farisei (15,1-2). Se Dio si compiace del ritrovamento di chi si è smarrito nella vita, è naturale che Gesù vada a cercarlo. Se è la volontà di Dio che i peccatori giungano al ravvedimento, allora i farisei non dovrebbero essere scandalizzati perché Gesù accoglie pubblicani e peccatori e mangia con loro; piuttosto dovrebbero vedere nel gesto e nella missione di Gesù la grazia di Dio offerta a tutti gli uomini. È il sentirsi amato da Dio, ricercato e accolto da Gesù che dà al peccatore motivo e forza per una conversione radicale.
Nota degli editori. Questa parabola de La moneta smarrita e ritrovata (Luca15,8-10) è tratta dagli appunti scritti a mano di Fausto Salvoni (1907-1982) sulle parabole di Gesù. Le note e alcune parti del testo sono di Paolo Mirabelli, che ha curato la revisione, riformulato certe espressioni e fatto un breve commento alla parabola. La trascrizione dei testi è di Cesare Bruno e Roberto Borghini.