Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

Noi non siamo i primi e non saremo nemmeno gli ultimi ad affrontare delle sfide. Ogni generazione affronta le proprie sfide. Alcune sono comuni a tutte le generazioni perché le gioie e i dolori degli uomini sono sempre dipinti con gli stessi colori. Non dobbiamo pensare che il nostro tempo sia il peggiore di sempre. È semplicemente diverso, ad esempio, da quello dei nostri padri che ci hanno preceduto nel cammino di fede. C’è chi parla del “pericolo della terza generazione”, quella che non conosce il Signore né le opere da lui compiute, come al tempo dei Giudici (2,10-13), e identifica il nostro come il tempo della “non-fede”. Quando Gesù parla dei contemporanei di Noè e di quelli di Lot, li descrive come persone incoscienti e incapaci di discernere i tempi, preoccupati solo a bere, mangiare, lavorare, piantare, costruire, sposare: non mi pare che ci sia molta differenza con tante persone del nostro tempo. Le sfide dunque ci sono sempre state e sempre ci saranno, e l’unico modo che io conosca per far fronte alle sfide è il Vangelo di Gesù Cristo.


Ma quali sono le sfide del nostro tempo? A che cosa siamo sollecitati oggi come cristiani e come possiamo rispondere? Quanto i mezzi di comunicazione influiscono a creare i nuovi paradigmi della nostra società? In che misura alimentano la costruzione di un diverso stile di vita? Tutti interrogativi questi ai quali non è facile rispondere. In quest’articolo mi limito soltanto a dire qualcosa sulle sfide legate alla comunicazione, all’uso del cellulare, e alle risposte che come cristiani siamo chiamati a dare, in mezzo a una generazione in cui noi abbiamo ancora e sempre la responsabilità di tenere alta la parola della vita. Non possiamo soltanto limitarci a medicare le ferite, né procedere a rimorchio, aspettando che siano gli altri a fare e agire per poi limitarci a re-agire; neppure possiamo aspettare di raccogliere i cocci dei vasi rotti. Dobbiamo fare delle proposte e saper rispondere alla sfide del nostro tempo assistiti dallo Spirito Santo e radicati nel Vangelo.


La tecnologia legata ai mezzi di comunicazione progredisce e corre e la gente la cavalca. Il cellulare sempre connesso alla rete permette ormai di fare cose inimmaginabili fino a poco tempo fa. Uomini  e donne, grandi e piccoli, passano diverse ore del giorno connessi e attaccati al cellulare. Si fanno più di duemila visualizzazioni al giorno, ma soltanto una decina sono veramente necessarie. Sempre online: in linea o sulla linea, ma spesso si ha l’impressione di averla oltrepassata la linea e il senso del limite. Passare diverse ore connessi, e comunicando soltanto tramite la rete, crea inevitabilmente una distorsione della realtà. La comunicazione diventa estetica, e non bada più all’etica: i criteri comunicativi puramente estetici sono a danno della persona. Non c’è più relazione tra persona e persona, ma tutto è filtrato dal cellulare. E il mezzo usato per comunicare è sempre più che un mezzo: è già esso stesso messaggio, che modifica il modo di percepire la realtà e la manipola. Con il cellulare sempre connesso, le persone hanno accesso e disponibilità immediata a una quantità immensa d’informazioni di vario genere. Ma hanno tutti la capacità di selezionare, discernere ed elaborare i dati? L’immissione di così tanti dati e informazioni non crea una vera comunicazione, intesa come messa in comune, ma un’illusione del sapere. Il dialogo tra le persone si riduce a finestre in cui prevale l’apparire all’essere: ognuno mostra di sé il volto che vuole. Il cellulare è frutto del nostro tempo ma ne è anche la metafora. Informa, ma anche forma e trasforma gli uomini, lo stile di vita e la società. Si tratta senz’altro di una delle invenzioni più rivoluzionarie del nostro tempo, più del computer, perché il cellulare è sempre con noi e ci segue dappertutto.


Come cristiani abbiamo la responsabilità di educarci a un corretto uso di internet e del cellulare. Forse qualcuno seguirà il nostro esempio. Non possiamo pensare di farne a meno, e vivere come gli Amish. Non dobbiamo demonizzare i mezzi di comunicazione, ma nemmeno prendere tutto per buono. Appartenere alla digital generation comporta il rischio di rimanere intrappolati in qualche inganno di satana, ma offre anche nuove possibilità per la diffusione del Vangelo a più persone. Il messaggio da proporre deve essere centrato su Gesù e il Vangelo, ricordando che quando apriamo la Bibbia non c’è solo il libro delle Lamentazioni, ma è tutto un avvicendarsi di storie di uomini e donne conquistati alla vita e alla gioia dall’amore di Dio, e che portare la croce di Cristo non significa vivere ogni giorno una profonda tristezza e un senso di sconfitta e di rinuncia, significa piuttosto vivere nella consapevolezza che Gesù ha trasformato la croce in vittoria.

Paolo Mirabelli

14 gennaio 2020

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Non basta possedere la Bibbia: bisogna leggerla. Non basta leggere la Bibbia: bisogna comprenderla. Non basta comprendere la Bibbia: bisogna viverla.

“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

Trova il tempo per pensare; trova il tempo per dare; trova il tempo per amare; trova il tempo per essere felice. La vita è troppo breve per essere sprecata. Trova il tempo per credere; trova il tempo per pregare; trova il tempo per leggere la Bibbia. Trova il tempo per Dio; trova il tempo per essere un discepolo di Gesù.