Bibbiaoggi
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Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

Chi è Sisera? Sisera è il capo dell’esercito di Iabin, re dei cananei, e la sua sconfitta è raccontata nel libro biblico dei Giudici, al capitolo 4, quando Debora è giudice d’Israele. In realtà non è di lui che si occupa il presente articolo, bensì di Debora, definita nella Bibbia “profetessa e giudice”. Il titolo su Sisera serve soltanto come espediente letterario per attirare l’attenzione del lettore su un racconto biblico spesso dimenticato, o non valorizzato abbastanza nella predicazione. Non si tratta però di una pura invenzione, poiché gioca sul significato dei nomi. La storia occupa due capitoli, Giudici 4 e 5, ovvero, il racconto in prosa della vittoria di Debora sui cananei e la celebrazione della vittoria in un canto poetico: è dal canto, piuttosto che dalla prosa del capitolo 4, che apprendiamo il vero motivo della sconfitta di Sisera. E dunque, entriamo in tema.


L’introduzione del racconto, che si ritrova nei primi versetti del capitolo 4, ricalca lo schema tipico del libro dei giudici: i figli d’Israele peccano e fanno ciò che è male agli occhi di Dio in una spirale di perversione; il Signore li dà nelle mani dei cananei, che li opprimo con violenza per vent’anni; il popolo grida a Dio, il quale suscita un liberatore; il giudice libera Israele dalle angherie dei nemici e reca un periodo di pace, secondo il modello della “grazia ristorativa”. Fin da subito apprendiamo una verità biblica fondamentale, ribadita spesso nella storia della salvezza dell’Israele biblico: la vittoria non appartiene a chi ha le armi migliori o a chi è più forte, ma a chi è fedele a Dio. Non è una questione di forze o di strategie militari, che pure non mancano, ma tutto risente della fedeltà o infedeltà a Dio, Signore della storia. L’infedeltà causa l’oppressione dei nemici, la fedeltà realizza le benedizioni promesse nel libro del Deuteronomio. Ma non è la fedeltà del popolo che causa o procura la liberta, piuttosto è l’agire del Dio misericordioso che, dopo avere ascoltato le grida del suo popolo, suscita un liberatore e dona la pace (lo Shalom).


Cronologicamente, Debora si colloca dopo Eud. Lei svolge la funzione di giudice sotto “la palma di Debora”, da non confondere con la quercia di Debora, balia di Rebecca (Genesi 35,8). Gli israeliti le riconoscono questa funzione recandosi da lei sotto la palma che si trova tra Rama e Betel, a circa 15 km a nord di Gerusalemme. Il motivo per cui lei svolge la sua funzione di giudice fuori di casa, all’aperto, è, verosimilmente, per evitare di trovarsi da sola in casa con uomini. Il ruolo di Debora giustifica l’appellativo di giudici dato ai liberatori. Lei non è soltanto giudice, portatore di giustizia, ma è qualcosa di più, le viene riconosciuta una funzione carismatica: Debora è una profetessa che parla a nome di Dio, e i profeti hanno come compito pure quello di perseguire la giustizia.


Sisera non è il re dei cananei, ma è il capo del suo esercito. La forza del successo dei cananei sta nel possedere novecento carri di ferro e un esercito numeroso. Come neutralizzare queste potenti armi del nemico? I carri di ferro sono armi micidiali se usati in pianura e sulla terra asciutta e battuta, ma che succede se un forte acquazzone rende il terreno paludoso? I novecento carri di ferro rendono i cananei davvero invincibile, finché non si verifica il caso in cui i carri invece di essere una forza sono un ostacolo: una improvvisa pioggia rende il terreno paludoso e impraticabile, neutralizzando così la forza del nemico. I carri di Sisera ricordano i carri di faraone (Esodo 14,23-28), il cantico di Debora ricorda quello di Mosè. Debora chiede a Barac di guidare Israele contro i nemici: l’ordine proviene dal Signore. Il nome Barac significa “fulmine”, ma egli non appare per niente rapido, né tanto meno coraggioso: chiede di essere accompagnato da una donna. tuttavia, il suo nome si trova nell’elenco degli uomini di fede riportato nel Nuovo Testamento (Ebrei 11,32). L’esercito d’Israele è convocato sul monte Tabor, pronto alla battaglia. Anche la montagna rende i carri inefficaci per la battaglia. L’esercito cananeo è sconfitto, Sisera fugge e viene nascosto in una tenda da Iael, ma la donna, che prima lo nasconde, poi lo uccide con un picchetto della tenda conficcato nella testa. Iael non sembra essere israelita, o per lo meno è sposata a un non-israelita.


Il cantico di Debora aggiunge altri particolari (qui non studiati) al racconto e loda Dio per la vittoria sui cananei: è il Signore che rende forte l’esercito d’Israele e manda la pioggia che travolge i carri. Ma qual è il motivo del titolo dell’articolo? Il vocabolo Debora contiene le stesse consonanti della radice ebraica “dabar” (parola), e questo chiarisce il suo ruolo profetico di portatrice della parola di Dio. Il nome Debora significa “ape”: è lei che arreca la puntura mortale a Sisera.

Paolo Mirabelli

23 settembre 2019

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“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

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