Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

Chi è Samgar? Un giudice d’Israele o un semplice liberatore? Un ebreo o uno straniero? Che cosa sappiamo di lui? Tutto ciò che sappiamo di Samgar è contenuto nel libro dei Giudici, la sua storia è racchiusa in un solo versetto. Ecco cosa si dice nella Bibbia di Samgar: “Dopo Eud, venne Samgar, figlio di Anat. Egli sconfisse seicento Filistei con un pungolo da buoi; anch’egli liberò Israele.” (Giudici 3,31). E nel cantico di Debora si aggiunge un particolare: “Ai giorni di Samgar, figlio di Anat, ai giorni di Iael, le strade erano abbandonate, e i viandanti seguivano sentieri tortuosi.” (5,6). Samgar è figlio di Anat, sconfigge con un pungolo da buoi seicento filistei, libera Israele dall’oppressione. Tutta qui la sua storia. Non c’è altro. È senz’altro una delle storie più brevi di tutta la Bibbia. Appare come una semplice nota a margine di un libro. Eppure non mancano certo gli insegnamenti. La Bibbia non riporta dettagli inutili o insignificanti. E la storia di quest’uomo, con le sue gesta di liberatore, è parte della storia della salvezza e della teologia del libro dei Giudici, che mostra la “grazia ristorativa” di Dio nonostante le infedeltà del popolo.


Giudici è un libro che si ricorda per alcuni “eroi famosi”: Sansone, Gedeone, Debora. È conosciuto pure per il tragico e sciocco voto di Iefte: il “sacrificio” della figlia. Una frase molto nota e ricordata del libro, che si ripete come un refrain, è: “In quel tempo non c’era re in Israele; ognuno faceva ciò che gli pareva meglio”. Tutta la Bibbia insegna che lasciare Dio e seguire l’io, che prende il posto di Dio, è il vero dramma dell’uomo. Fare ciò che si vuole, e non ubbidire a Dio, non è certo il bene dell’uomo, piuttosto ne è la sua rovina, come mostra la storia umana dall’Eden in poi. Chi ha un po’ di dimestichezza con la teologia del libro ne ricorda pure lo schema teologico: peccato, ira e castigo, pentimento, liberazione, periodo di pace e di silenzio. Ovvero: dopo la morte di Giosuè, il popolo d’Israele abbandona spesso il Signore, serve gli idoli e gli dèi pagani (oltre al dio principale Baal, nel pantheon cananeo c’è Astarte, la dea della fertilità) e pratica gli usi e i costumi delle religioni cananee; l’ira di Dio “consegna” i figli d’Israele alle popolazioni cananee rimaste nel paese, che li opprimono e li sottomettono; il popolo si pente e grida a Dio, come in Egitto; il Signore suscita un liberatore, come nell’esodo, un giudice che non effettua una punizione, ma una liberazione; con il liberatore c’è un periodo di pace a cui segue il silenzio. L’apostasia, tipica del periodo dei giudici, inizia dopo la morte della generazione testimone dell’opera di Dio, quando sorge la “generazione che non conosce Dio”, e dura per alcuni secoli, anzi si protrae fino alla deportazione. Il racconto del libro dei Giudici si conclude con questa spirale di decadenza spirituale, in attesa di “qualcuno”  che dia la vera pace e il riposo.


“Dopo Eud, venne Samgar” (3,31). Così il testo. Il libro dei Giudici dice che Eud, figlio di Ghera, della tribù di beniamino, è mancino. L’uso della mano sinistra è ciò che permette a Eud di attuare il suo piano contro Eglon, re di Moab. Essere mancino può sembrare un deficit, ma qui rappresenta il punto di forza. Da questo fatto possiamo anche trarne un insegnamento: nel liberare il suo popolo, il Signore si serve spesso di armi deboli e di uomini stimati non idonei, perché si sappia che la vittoria appartiene a Dio, non agli uomini forti o alle armi potenti, e affinché la gloria della vittoria sia data a Dio, non agli uomini. È in questa prospettiva che possiamo inserire la storia di Samgar. Il nome Samgar non sembra essere israelita, ma è piuttosto attestato come nome urrita. Da questo non si può dedurre con certezza che Samgar non sia ebreo. Tuttavia è possibile che egli sia uno straniero, figlio di Anat, un nativo di Bet-Anot, nel sud del paese; non è certo uno scandalo la sua nazionalità, anche Caleb non è ebreo, ma chenizeo. Ancora una volta il racconto biblico mostra l’apertura verso tutti i popoli e la scelta sovrana di Dio di servirsi anche di “gente impura” per i suoi piani. Nel cantico di Debora si dice che ai giorni di Samgar la gente evita di percorrere le strade per paura dei filistei e segue i sentieri tortuosi, più nascosti. Possiamo assumere questo dato storico anche come metafora della condizione spirituale d’Israele: abbandonare Dio, la retta via, significa incamminarsi per vie tortuose e vivere nella paura del nemico. Samgar con la sua azione eroica libera i figli d’Israele. Sconfigge seicento filistei con un semplice pungolo che serve a governare i buoi o gli asini quando si arano i campi. Un piccolo uomo di Dio. Un uomo quasi anonimo di cui sappiamo poco o niente, poiché a lui è dedicato un solo versetto, ma che merita un posto tra i giudici d’Israele.

Paolo Mirabelli

17 settembre 2019

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