Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

Luca 13,1-9 si colloca nella lunga sezione riguardante il viaggio di Gesù verso Gerusalemme (9,51-21,27). Gli insegnamenti di questa sezione sono così segnati da una tensione verso il compimento della missione. Il testo si compone di due brevi sezioni distinte ma collegate. La prima è un monito alla conversione, prendendo spunto da due tragici avvenimenti (13,1-5). La seconda è una parabola che invita ad approfittare del tempo della grazia (13,6-9). I due episodi di morte violenta (strage ordinata da Pilato e crollo della torre di Siloe: il primo, l’atto sanguinario, riguarda i galilei ed è un’azione di malvagità umana; il secondo, i gerosolimitani, ed è una tragedia naturale) mostrano come non sempre sia da ricercare un nesso immediato tra colpa e morte, peccato e sofferenza. È radicata l’idea che dove c’è il delitto (peccato), deve giungere il castigo (punizione), come mostra l’episodio del cieco nato (Giovani 9,2), in tempi più recenti il romanzo di Fedor Dostoevskij, dal titolo “Delitto e castigo”. Non sempre è facile rispondere al perché le tragedie accadono alle persone, ma i fatti interpellano tutti a non essere impreparati e invitano alla conversione. Le parole di Gesù di fronte ai due avvenimenti di cronaca e la breve parabola del fico che non porta frutto richiamano alla necessità di saper leggere gli appelli alla conversione negli eventi della storia, perché la vita è precaria, segnata dalla violenza e dalla morte. Si tratta di passare da una vita in superficie a una vita in profondità, convertita alla logica di Dio. Ecco perché di fronte alla negatività della storia il discepolo non può accontentarsi di una semplice cronaca, di un giudizio affrettato, ma è invitato a discernere i tempi e a cogliere il kairos di Dio.


Con la parabola del fico, il vangelo ci insegna che se il giudizio tarda, e i benefici si prolungano nel tempo, questo va letto come segno di un tempo di grazia. Urge però portare frutto prima che sia troppo tardi. Con un tono solenne, proprio a partire dai due eventi drammatici noti a tutti, Gesù pone ciascuno di fronte alla propria responsabilità. Ogni segno presente nella storia, ricorda Gesù, ha sempre un risvolto personale: è un invito a cogliere l’importanza decisiva del tempo, la necessità di accogliere l’offerta di perdono di Dio, resa attuale in Gesù. Egli invita a una lettura della storia in profondità: il tempo che ci è donato è in vista di una salvezza. Ogni fatto letto in questa prospettiva può essere un’occasione per cambiare modo di pensare e di vivere e soprattutto il nostro modo di rapportarci a Dio. Il tempo donato all’uomo in vista di una conversione coincide con il tempo della pazienza (makrothymia) di Dio. A questo ci orienta la breve parabola del fico sterile. È normale tagliare un fico, albero da frutto, che dopo alcuni anni non produce il raccolto desiderato: “taglialo, perché sfrutta il terreno”, dice il padrone al contadino. Il contadino risponde: “lascialo ancora quest’anno. Il contadino ha uno sguardo che va oltre il fallimento e offre una possibilità e un tempo ulteriore con un supplemento di cure.


“Taglialo, lascialo”: sono le due battute del dialogo che evidenziano il tema del giudizio e quello della misericordia e della pazienza divina (ricordano il dialogo tra Dio e Abramo prima della distruzione di Sodoma e Gomorra, in Genesi 18). Fuori metafora, la parabola ci rivela il modo di agire di Dio in Gesù. Egli ha pazienza e il suo sguardo va lontano. La sua pazienza è tempo donato per la conversione e la salvezza. Per noi che siamo così impazienti, tutto appare incomprensibile. La pazienza di Dio ha pure un volto: Gesù. Come non riconoscere nel contadino che chiede una nuova possibilità lo stile di Gesù che è venuto a chiamare i peccatori a conversione? Nella parabola Gesù rilegge pure la propria missione: tre anni di annuncio e di attesa per la “restituzione del frutto”. La parabola rimane aperta. Tutto è rimandato alla capacità di accogliere questa possibilità e questo tempo che ci sono donati. Lo spazio che ci è concesso non ha altra ragione di essere se non in Dio. E non c’è altra forza che provochi la conversione se non l’amore, la pazienza e la misericordia di Dio. Noi possiamo invertire la rotta di un modo di essere sbagliato solo se impariamo a guardare noi stessi e gli altri con lo sguardo infinito e amorevole di Gesù. Uno sguardo che va oltre i confini delle nostre possibilità. Il Signore è abituato a vedere le cose in grande. Come un contadino, egli conosce il tempo dell’attesa, non rinuncia a lavorare, vede le potenzialità del terreno, guarda al frutto che può maturare dal fico. Allora la parabola si apre alla speranza, perché ci mostra che Dio non ha piantato l’albero per essere tagliato, ma per raccoglierne i frutti.

Paolo Mirabelli

23 marzo 2019

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Non basta possedere la Bibbia: bisogna leggerla. Non basta leggere la Bibbia: bisogna comprenderla. Non basta comprendere la Bibbia: bisogna viverla.

“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

Trova il tempo per pensare; trova il tempo per dare; trova il tempo per amare; trova il tempo per essere felice. La vita è troppo breve per essere sprecata. Trova il tempo per credere; trova il tempo per pregare; trova il tempo per leggere la Bibbia. Trova il tempo per Dio; trova il tempo per essere un discepolo di Gesù.