Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

Il capitolo 4 del vangelo di Matteo si apre con la scena delle tentazioni di Gesù nel deserto, dopo il battesimo e la discesa dello Spirito Santo. Il deserto è convenzionalmente il luogo della prova, in cui l’uomo si pone di fronte alle scelte essenziali della vita. Il deserto è anche il luogo del nulla, in cui però Israele incontra Dio e impara a fidarsi di lui, vivendo non soltanto di pane (manna), ma di ogni parola di Dio, e della sua assistenza quotidiana. Il popolo d’Israele per quaranta anni cammina e vive nel deserto, dopo la liberazione dall’Egitto, e matura il suo incontro con Dio nelle difficoltà di ogni giorno. Anche Gesù si reca nel deserto, condotto dallo Spirito, per essere tentato. Il Signore, però, al contrario d’Israele, vince la triplice tentazione dei beni materiali, del successo e del potere, tentazione nella quale è caduto l’uomo sin dal principio del mondo, nel giardino dell’Eden.  


Le tentazioni di Gesù sono riportate da tutti e tre i vangeli sinottici (Giovanni invece non ne parla), con particolari differenti. Marco riporta in due soli versetti la notizia (1,12- 13). Matteo (4,1-11) e Luca (4,1-13) invece parlano di tre tentazioni subite da Gesù, con una differenza nell’ordine delle tentazioni. Il racconto di Luca culmina con la tentazione a Gerusalemme, per il ruolo e l’importanza della città nel ministero e nella crocifissione di Gesù. La scena della tentazione, secondo Matteo, è costituita dalla successione di tre sequenze: il deserto, il tempio di Gerusalemme, un alto monte. Il racconto si articola in tre momenti: 4,1-2; 4,3-10; 4,11. Il testo è scandito da un triplice “allora”, un avverbio di tempo (4,5.10.11), in modo analogo al brano precedente (3,5-15). Il terzo allora avvia una conclusione che ricorda la fine del dialogo tra Giovanni e Gesù: “Allora Giovanni lo lasciò fare” (3,15); “Allora il diavolo lo lasciò” (4,11). Mentre il duplice “ed ecco” della scena del battesimo (3,16.17) appare qui alla fine del racconto: “Ed ecco gli angeli vennero e lo servivano” (4,11). Sussiste un altro legame tra la tentazione e il battesimo: è lo Spirito, disceso in occasione del battesimo, che conduce Gesù nel deserto, per essere tentato dal diavolo (4,1).


Il verbo tentare o mettere alla prova (peirazo) ricorre altre volte nel vangelo di Matteo, come ad esempio in16,1; 19,3; 22,18.35. Il sostantivo tentazione (peirasmos) ricorre pure nel Padre Nostro (6,13) e nel rimprovero di Gesù ai tre discepoli nell’orto del Getsemani (26,4). Il diavolo è chiamato il “tentatore” (4,3). Nell’Antico Testamento il tema della tentazione lo riscontriamo specialmente nel deserto, nel rapporto tra Dio e Israele. Il Signore mette alla prova (ebraico massah) Israele per far emergere ciò che c’è nel cuore del suo popolo, come si può vedere in due momenti significativi del cammino nel deserto, Esodo 16,4 e Deuteronomio 8,2, e nelle parole contro i falsi profeti di Deuteronomio 13,4. Nella seconda tentazione, Gesù cita la scrittura nella quale si chiede di “non tentare il Signore, tuo Dio” (4,7). Appare qui l’uso inverso del tema della tentazione, in quanto che questa volta è l’uomo che tenta Dio, come nell’episodio d’Israele a Massa. L’uomo tenta Dio anche quando lo abbandona e si rivolge agli dèi pagani, come sembra dire la citazione del Deuteronomio nel suo contesto originale (6,14-17).


Nella prima tentazione Gesù (il Figlio di Dio) rifiuta il ruolo messianico in un contesto spettacolare e prodigioso, fatto di aspettative politiche, ma lo vive nella fedeltà a Dio, suo Padre. Nella seconda supera tutte le deformazioni religiose che hanno nel miracolismo il loro modello. Nella terza Gesù mostra chiaramente come sia perversa e diabolica l’idea di una conquista e di un potere in nome di Dio. Dunque, le tentazioni riguardano il miracolistico, il sacrale, il potere; oppure potremmo anche dire l’economia, la religione, la politica. La triplice tentazione che Gesù subisce, al di là del tempo e del luogo circoscritti, possiamo dire che abbraccia e tocca tutta la sua vita. Non è solo la descrizione di un giorno di vita di Gesù, ma è quanto accade nell’intera vita di Gesù. È così nel deserto, sarà così alla croce. La presentazione delle tentazioni è caratterizzata, intessuta e scandita dalle citazioni dell’Antico Testamento. Gesù replica al tentare citando la Parola di Dio: “Sta scritto” e “Sta altresì scritto”. Le tentazioni matteane riproducono il cammino d’Israele nei quaranta anni nel deserto, rinviando, attraverso le tre citazioni, a tre episodi fondamentali dell’esodo del popolo di Dio: la manna (Esodo 16); Massa e Meriba (Esodo 17,1-7); il vitello d’oro (Esodo 32). Il ricordo della Parola di Dio è ciò che guida alla vittoria. Si cita la Scrittura non solo per far memoria di fatti del passato, ma per interiorizzare la presenza di Dio nel nostro cuore e nella nostra vita.

Paolo Mirabelli

07 marzo 2019

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Non basta possedere la Bibbia: bisogna leggerla. Non basta leggere la Bibbia: bisogna comprenderla. Non basta comprendere la Bibbia: bisogna viverla.

“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

Trova il tempo per pensare; trova il tempo per dare; trova il tempo per amare; trova il tempo per essere felice. La vita è troppo breve per essere sprecata. Trova il tempo per credere; trova il tempo per pregare; trova il tempo per leggere la Bibbia. Trova il tempo per Dio; trova il tempo per essere un discepolo di Gesù.