Nei capitoli 16-18 sono menzionate quattro istituzioni con differenti funzioni: giudici e magistrati, re, sacerdoti e leviti, profeti. La prima parte del capitolo 17 approfondisce il tema della giustizia; la seconda parla del re. C’è una certa riluttanza e tensione nell’istituire la monarchia in Israele, tanto da far dire che la monarchia è permessa più che voluta. Il Deuteronomio mette in guardia contro il modo di declinare il potere da parte dei re e i pericoli della monarchia. Come la storia ci insegna, sia quella delle monarchie dei popoli pagani sia quella d’Israele, il diritto dei re viene spesso anteposto ai bisogni del popolo. La stessa attenzione verrà posta da Samuele quando Israele, dopo il periodo dei giudici, chiederà un re e un governo centrale come tutti i popoli circostanti. Le istruzioni di Mosè mostrano quanto sia importante per il re la fedeltà a Dio: soltanto il re che si lascerà guidare dalla legge di Dio, sarà un buon re; non si lascerà corrompere o sviare, né userà il potere per fini egoistici e personali. Non basta il trono o la corona per fare un buon re, occorre l’osservanza della legge e il timore di Dio. La storia dei re d’Israele ne è la dimostrazione.
Il contesto in cui si colloca l’insediamento della monarchia mostra che il re non sta al di sopra di tutti in Israele: ci sono i giudici per l’amministrazione della giustizia, i sacerdoti e leviti che servono il Signore davanti a lui nel tabernacolo, i profeti che sono mossi da Dio e parlano in nome suo. Il modo di agire del re non è il riflesso della divinità, come nel paganesimo, ma il modello del vero israelita. Le prime parole del testo rivelano una certa tensione nell’istituzione della monarchia. Il re è voluto dal popolo ad imitazione delle nazioni circostanti, e Dio acconsente alla richiesta. Il primo libro di Samuele, capitoli 8-10, presenta la stessa visione. Israele chiede un re, e il Signore accoglie la richiesta: Saul diventa il primo d’Israele; a lui non succede suo figlio, ma Davide. Chiedere un re significa “mettere sul popolo” un uomo: e questo è in contraddizione con la vita di una nazione governata da Dio. Il Signore chiede che il “cuore del re non si elevi al di sopra dei suoi fratelli”. Il re deve essere un israelita, non uno straniero. Il motivo è evidente: l’israelita sa che è chiamato a vivere secondo le norme contenute nella Torah; lo straniero invece non conosce il vero Dio, rifiuta la Torah e potrebbe indurre il popolo all’idolatria. La successione dinastica della monarchia è assicurata dai figli. Soltanto Dio può disporre altrimenti: egli abbassa i potenti e innalza gli umili. I simboli e i mezzi tipici dell’esercizio del potere devono essere limitati, non essere posseduti in maniera eccessiva: il re deve limitare il numero dei cavalli e della potenza militare (e questo in un tempo in cui la potenza si misura con il gran numero di carri e cavalli), né scendere con il popolo in Egitto per procurarseli; non deve avere molte mogli, affinché il suo cuore non sia pervertito (come insegna la storia delle molte mogli di Salomone, il quale nella “politica estera” fa alleanze con diversi re pagani sposandone le figlie); né deve possedere grandi quantità di ricchezze, argento e oro. Tutti questi divieti mirano a inculcare l’idea che ogni cosa proviene da Dio, non dalla potenza militare, né dalle alleanze politiche, né dalle ricchezze che uno possiede.
Oltre alla limitazione del potere, la disposizione mosaica pone al centro la responsabilità che il re ha di avere sempre con sé una copia della legge di Dio: la leggerà tutti i giorni diligentemente, temerà il Signore, ne metterà in pratica tutte le parole e le prescrizioni. Dalla fedeltà o meno a Dio deriva il buon andamento del regno e la sua durata. Purtroppo, la storia da Saul a Sedechia ci insegna che soltanto sette su quarantadue re d’Israele e di Giuda “fecero ciò che è giusto agli occhi del Signore”. Secondo il libro del Deuteronomio, il compito fondamentale del re è dare al popolo esempio di fedeltà e obbedienza al Signore. Tutti in Israele, re compreso, condividono uno scopo comune: imparare a temere Dio e a osservare i suoi comandamenti.
Una considerazione a margine sulla copia della legge. L’importanza che la Torah ha nella vita del popolo d’Israele è così evidente che non serve spenderci altre parole. Deuteronomio 17,18-20 ci insegna alcune cose sulla trasmissione del testo biblico. Primo: esiste un originale ed esistono delle copie della legge, come quella fatta dal re per suo uso. Secondo: la copia originale è conservata dai sacerdoti levitici, prima nel tabernacolo e poi nel tempio di Gerusalemme. Terzo: la copia della legge deve essere conforme al modello (esemplare) custodito dai sacerdoti. Sono queste norme e quest’atteggiamento che hanno guidato gli uomini di Dio nella trasmissione del testo biblico.