Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

Nel 1947, vicino alla città di Gerico, nei pressi del Mar Morto, in alcune grotte furono ritrovati i manoscritti di Qumran. Si tratta senz’altro di una delle più importanti scoperte del XX secolo. I documenti rinvenuti sono scritti in ebraico, aramaico e greco. Il periodo di redazione va dal II secolo avanti Cristo al 70 dopo Cristo, anno in cui Gerusalemme viene distrutta dai romani, come testimonia l’Arco di Tito a Roma, vicino al Colosseo, con i soldati romani che portano sulle spalle la Menorah (il candelabro a sette bracci). I manoscritti ritrovati a Qumran contengono parti di quasi tutti i libri dell’Antico Testamento, il Tanakh per gli ebrei (acronimo per indicare le tre sezioni che formano l’Antico Testamento: Torah, Nebim, Ketubim), eccetto il libro di Ester. Alcuni documenti si sono conservati quasi integralmente, altri sono costituiti da piccoli frammenti. Oltre ai preziosi testi biblici, ci sono dei documenti non canonici e dei testi della stessa comunità essena di Qumran. L’importanza dei manoscritti di Qumran è notevole per almeno tre ragioni. La prima, perché sposta l’orologio del tempo indietro di quasi mille anni: fino alla loro scoperta i manoscritti masoretici più antichi risalgono a circa il X secolo dopo Cristo. La seconda, il confronto tra i testi di Qumran e i manoscritti medievali conferma la coincidenza del testo biblico, le varianti sono davvero marginali, il più delle volte riguardano lo scambio di semplici lettere dell’alfabeto. La terza, la biblioteca di Qumran aiuta a comprendere meglio la vita della comunità essena e il contesto teologico dei gruppi ebraici del tempo, con i quali Gesù e la chiesa primitiva entrano in contatto.


Nei ritrovamenti di Qumran non ci sono libri del Nuovo Testamento, né di testi apocrifi. Alcuni studiosi, alla ricerca di notorietà accademica, hanno sostenuto la tesi secondo la quale certe parole scritte in greco su due piccoli frammenti di papiro appartengano al Nuovo Testamento. Dire che, ad esempio, il frammento X appartenga al vangelo di Giovanni perché contiene la parola aletheia (verità) è come dire che il giornale di oggi sia tratto dalla Divina Commedia di Dante Alighieri perché parla di “inferno politico” e “commedia dei politici”. Una semplice parola o espressione non è sufficiente, se non è corroborata da dati certi, per sostenere un’affermazione di questa portata. Negli scritti di Qumran Gesù non è mai citato, né sono citati personaggi del Nuovo Testamento, né Giovanni il Battista. Come spiegare allora alcune somiglianze letterarie tra i vangeli e gli scritti di Qumran? Lo studio lessicografico dei lemma usati ne ha evidenziato alcune ma altre potrebbero emergere. Ad esempio, nei testi di Qumran si parla di “figli della luce”, “opera la verità”, “spirito di verità”. Queste espressioni si ritrovano pure nei vangeli sinottici e il dualismo fa pensare al vangelo di Giovanni: luce-tenebre, spirito-carne. Gli esseni parlano di luce e tenebre in perenne lotta tra di esse, mentre Giovanni descrive la vittoria definitiva di Gesù sulle tenebre. È del tutto normale che vi siano delle somiglianze linguistiche e tematiche tra i manoscritti di Qumran e alcuni scritti del Nuovo Testamento, spiegabili con la comune tradizione ebraica: usano le stesse fonti e provengono dallo stesso ceppo; non stiamo parlando di eschimesi e di cananei, ma dello stesso popolo ebraico. Tuttavia non va trascurato un altro dato che emerge dallo studio dei testi qumranici: le differenze dottrinali che ci sono tra la comunità di Qumran e l’ebraismo, dalla figura e ruolo del sacerdote alla interpretazione di testi biblici. Gli accostamenti che a volte vengono fatti non sono giustificabili e non tengono conto dei dati. L’ipotesi che il maestro di giustizia, fondatore della comunità essena di Qumran, sia Giovanni Battista e il suo oppositore Gesù, o Giacomo e il suo oppositore Paolo, è una pura fantasia e speculazione che non tiene conto dei dati testuali. Anche il tentativo di identificare il maestro di giustizia con Gesù o Giovanni il Battista risulta inconsistente . Il maestro di giustizia della comunità essena di Qumran è un personaggio misterioso che ricerca la solitudine nel deserto del Mar Morto, dove si ritira e vive una vita ascetica assieme agli altri membri della comunità in attesa della venuta di un messia. Gli eletti poi, appartenenti alla sua comunità, sono coloro che dedicano la loro vita a studiare e osservare la legge. Inoltre, la comunità di Qumran è esclusivista, si tratta di un gruppo minoritario, mentre Gesù e i suoi discepoli vivono immersi nella società del loro tempo, e il Battista nel deserto rivolge la sua predicazione alle folle che si recano a Gerusalemme. Per legittimare la scelta di abitare nel deserto dove attendere la venuta del messia, la comunità di Qumran interpreta Isaia 40 in maniera diversa da Marco: è la voce che grida nel deserto (1,1-3).

Paolo Mirabelli

09 maggio 2018

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“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

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