Nella prima parte della lettera (capitoli 1-3), Paolo presenta la chiesa come sposa e corpo di Cristo, incaricata di far conoscere al mondo il mistero nascosto in Dio prima della creazione del mondo: tutti gli uomini, ebrei e pagani, sono riconciliati in Cristo, senza più distinzione di razza, cultura, nazionalità, sesso. Tutti gli uomini, a pari diritto, sono chiamati a far parte dell’unica famiglia e casa di Dio, essendo edificati sul fondamento degli apostoli e dei profeti, dove Gesù è la pietra angolare dell’edificio di Dio (2,20). Cristo è il punto di sutura e di unione tra ebrei e pagani. Gli apostoli e i profeti, mandati dal Cristo risorto ad annunciare l’Evangelo, costituiscono il fondamento di questo edificio. Paolo appartiene a pieno titolo agli apostoli e profeti del Signore, nonostante alcuni mettessero in discussione il suo apostolato. Per mezzo della chiesa si fa conoscere a tutti gli uomini l’avvenimento della salvezza che Dio ha provveduto a coloro che sono in Cristo, vivificati con lui e con lui risuscitati e fatti sedere nei luoghi celesti. Nel capitolo 4, che inizia la parte parenetica della lettera, Paolo mostra come si realizza l’edificazione del corpo di Cristo.
La prima parte del capitolo 4 della lettera agli Efesini è un testo troppo ricco per entrare nei suoi dettagli esegetici. Due sono le idee di fondo che strutturano il testo: l’appello all’unità (4,1-6) e la pluralità di doni e ministeri (4,7-16). Da questo testo biblico, così intenso e ricco, abbiamo isolato tre versetti per cercare di cogliere e condividere soltanto alcuni pensieri. Dopo un flash esegetico sull’unità, il commento verte sui doni e ministeri. Ci sono troppi motivi che obbligano i cristiani a vivere in pace e in comunione tra di loro. Una chiesa divisa non rende una buona testimonianza né a Cristo né all’unità dello Spirito, e non edifica se stessa: è destinata fatalmente a essere inerte, se non controproducente. È da notare che il discorso sull’unità (4,4-6) è preceduto da un’esortazione al modo di vivere dei cristiani (4,1-3). Cosa di cui bisogna tener conto quando ci apprestiamo a parlare di unità dei cristiani. Non c’è unità senza uno stile di vita coerente con il Vangelo. Ogni accordo al di fuori del Vangelo, o contrario a esso, è solo un consenso di uomini. Alla crescita e edificazione del corpo partecipano tutti i membri: ciascuno secondo la grazia che ha ricevuto. Ogni cristiano riceve da Dio un dono, un’energia che alimenta l’intero organismo. Dopo il richiamo alla centralità di Cristo, il capo da cui tutto il corpo trae la linfa vitale di cui ha bisogno “per edificare se stesso nell’amore” (4,16), Paolo parla della funzione di ogni dono e ministero nella chiesa. Questa idea o insegnamento sui ministeri, che non è per niente antitetica a quella dell’unità, è che nella chiesa, pur nella più rigorosa unità, c’è una molteplicità di doni, di carismi, di ministeri, che permettono, anzi esigono, che tutti diano il loro contributo per la crescita armonica di quell’unico corpo di cui tutti sono membra. E la cosa che più sorprende è che proprio il Cristo, “asceso al di sopra di tutti i cieli” (4,10), ha concesso questi doni alla sua chiesa. Tali doni, pertanto, non sono delle acquisizioni umane che nascono da predisposizioni di natura e perciò da rivendicare a tutti i costi, bensì doni che vengono dall’alto, da esercitare perciò con grande senso di responsabilità per il bene di tutti. I ministeri sono dati da Cristo (procedono da Dio, non dagli uomini) in dono alla chiesa, che li riceve. Al versetto 11 il verbo usato è dare, e questo sottolinea come il ministero si riceve e si esercita nella dimensione del dono. I ministeri menzionati in Efesini 4 sono cinque (o quattro, se gli ultimi due sono visti come un unico ministero): apostoli, profeti, evangelisti, pastori e dottori. Nel testo greco non c’è il come presente nelle nostre versioni, ma il testo dice, letteralmente, che “egli (il Cristo) ha dato apostoli, profeti, poi evangelisti, poi pastori e dottori” (pastori: è l’unica menzione nel Nuovo Testamento di tale ministero; il sostantivo è qui usato al plurale; dottori: greco didaskalous, dottori o insegnanti. Tra i primi due doni e gli evangelisti c’è il poi, e così pure tra evangelisti e gli ultimi due della lista. Questo indica (forse) la successione dei tempi in cui il Signore opera nella chiesa: la chiesa, edificata sul fondamento degli apostoli e profeti, ha poi bisogno di crescere e moltiplicarsi. E perché questo avvenga, il Signore dà altri ministeri in dono, altre forze o energie di cui disporre: evangelisti, pastori e dottori. Come si vede, i ministeri qui ricordati non sono dati per esercitare un dominio nella o sulla chiesa, ma un servizio di crescita comune. Il traguardo per tutti, siano essi apostoli, o profeti, o evangelisti, o pastori e dottori, o qualsiasi altro dono, è quello di crescere e far crescere fino a raggiungere “la misura della pienezza di Cristo” (4,13).