L’incontro tra Gesù e Zaccheo è uno dei più noti e più amati del vangelo di Luca. Si tratta di un racconto inedito, riportato soltanto da Luca. Possiamo articolare il racconto in due parti: incontro per strada tra Gesù e Zaccheo; Gesù in casa di Zaccheo. La figura di Zaccheo è affascinante e ricca di grandi insegnamenti. Quest’uomo che cerca di vedere Gesù è un invito all’uomo di ogni tempo a cercare colui che è venuto a cercarci; è un invito all’incontro con il Signore; è una riflessione su come la nostra vita possa cambiare dal nulla al tutto ed essere ribaltata da Gesù.
Di Zaccheo conosciamo nome, professione e condizione sociale. Il suo nome è l’abbreviazione di Zaccaria, che significa “giusto” o “puro”. Zaccheo è capo dei pubblicani e ricco: due qualifiche che gravano su di lui e lo mettono in cattiva luce. In quanto pubblicano era un peccatore per i giudei, in quanto ricco era un “caso difficile” secondo le parole di Gesù in 18,24. La ricchezza dei pubblicani, il più delle volte, non era pulita: lo sappiamo dai vangeli e dalla stessa confessione di Zaccheo alla fine: “Se ho frodato qualcuno”. Il mestiere di pubblicano era disprezzato dai giudei, perché fatto per conto degli occupanti ed era visto come una collaborazione con i romani. Il nome pubblicano passò ad indicare più una categoria di persone disprezzate che una professione.
L’incontro tra Gesù e Zaccheo avviene a Gerico: una città posta a 250 metri sotto il livello del mare e a circa 10 km dal Mar Morto; una città di esportazione del balsamo. Gesù attraversa la città. Tutti accorrono e fanno ressa attorno a Gesù. Tutti desiderano accostarlo, vederlo, ascoltarlo e ottenere da lui qualche cosa. Anche Zaccheo “cercava di vedere chi era Gesù”: il tempo imperfetto del verbo denota una azione che si prolunga, non puntuale come nell’aoristo. Tra la folla c’è dunque un uomo ricco, che sembra non avere bisogno di nulla, e invece fa di tutto per vedere Gesù. Ma qualcosa gli impedisce la vista: Zaccheo è un uomo piccolo di statura e la folla lo copre. Egli non si perde di animo: corre avanti e sale su un albero di sicomoro, perché sa che Gesù “doveva” passare di là: questo verbo non è usato a caso, ma è usato per dire che Gesù è venuto anche per Zaccheo (e per la samaritana). Colui che cerca di vedere il maestro che passa è ora visto da Gesù. lo sguardo parla, è un mezzo di comunicazione: con lo sguardo si esprime approvazione o disapprovazione, si accoglie o si tiene a bada qualcuno. Dopo lo sguardo, arriva la parola di Gesù a Zaccheo. Gesù lo chiama per nome: il nome proprio è quello che identifica la persona e la distingue da un’altra. Gesù lo chiama per nome, mentre gli altri lo chiamavano “pubblicano”. Anticamente quando veniva battezzata una persona si pronunciava solo il suo nome. La seconda parola di Gesù a Zaccheo è un imperativo (una frase): “Scendi subito”. È un imperativo che annulla le distanze, abolisce le differenze, toglie il disprezzo della gente. L’avverbio “subito” serve a Zaccheo a rompere ogni indugio. Nei racconti di conversione degli Atti, tutto veniva fatto subito: niente era rimandato a domani. L’oggi di cui parla Gesù non indica soltanto l’oggi contrapposto al domani, ma indica anche l’oggi di Dio, l’oggi della salvezza di cui parla tutto il vangelo di Luca. Il verbo “devo” esprime la volontà divina, il piano salvifico e l’urgenza. Il verbo “fermare”, che significa “dimorare”, nel quarto vangelo ha un grande significato teologico: esprime la comunione tra il Cristo e i suoi discepoli. Soggiornare a casa di Zaccheo era una provocazione e uno scandalo per la mentalità farisaica. “Tutti mormoravano”, dice Luca, come con la peccatrice a casa del fariseo. Ma Gesù rompe gli schemi e si reca da lui.
Zaccheo non solo accoglie Gesù a casa sua, ma “lo accolse con gioia”. Peccato che la gioia non è più un segno distintivo dei cristiani. In stridente contrasto con la gioia di Zaccheo c’è il mormorio prolungato degli altri: anche qui è usato il tempo all’imperfetto. Per molti è inaudito che Gesù sia andato ad albergare da un peccatore. Le critiche dei benpensanti non sfiorano minimamente Gesù, non toccano più nemmeno Zaccheo. L’incontro con Gesù ha cambiato radicalmente la sua vita e gli ha dato un senso. Ciò che ora dice e fa è segno di una vera conversione: restituire il quadruplo e dare la metà dei beni ai poveri. Zaccheo non è più il pubblicano di prima, l’uomo tutto dedito alle cose di questo mondo, ma un uomo di fede, un figlio di Abramo. Zaccheo ora è l’uomo che dà: chi riceve la grazia, l’amore di Dio e la salvezza, sente il bisogno di dare e di condividere tutto ciò che ha ricevuto da Dio con gli altri. La storia si conclude tornando al principio: Gesù è venuto in questo mondo per cercare e salvare ciò che era perduto, cioè me e te.