Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

“Amate i vostri nemici” (Matteo 5,44). Alcuni considerano questo comandamento di Gesù la più alta parola della Bibbia, della sapienza e dell’esperienza umana. Non so se questa è la più alta parola della Bibbia, non so se è il vertice di tutta la Bibbia), perché ce ne sono altre, ma certamente è la parola più alta di tutte le culture umane. Quella dell’amore dei nemici è una parola che non ha uguali nella tradizione sapienziale degli antichi (compresa quella ebraica); non ci sono paralleli nella sapienza antica, nella filosofia greca, nell’esperienza degli uomini. In nessuna cultura del mondo antico troviamo parole come queste sull’amore per i nemici. Tutti dicevano: “Ama tuo fratello, tuo figlio, tuo padre; ama il tuo prossimo, il tuo vicino di casa; ama colui che ti fa del bene, colui che ti presta quando sei nel bisogno”, ma nessuno ha mai detto: “Ama il tuo nemico”.


“Amate i vostri nemici”. Questo comandamento è uno dei più citati (parafrasato o per esteso) in tutta la letteratura antica dei primi cristiani. Due soli esempi. La Didachè, uno scritto del II secolo, dice: “Amate quelli che vi odiano e non avrete nemici”. La lettera A Diogneto (II secolo) dice che “i cristiani amano coloro che li odiano”. Perché il comandamento dell’amore per i nemici era così citato? Perché era un comandamento che li faceva identificare subito (aveva valore apologetico) agli occhi degli altri come discepoli di Gesù o cristiani. Loro lo facevano in obbedienza a Gesù, e gli altri li identificavano come cristiani. Che cos’è che distingueva un cristiano dai pagani e persino dagli ebrei? Certamente era la loro confessione di fede in Gesù Cristo, quale Figlio di Dio, Messia o Cristo, Salvatore e Signore, ma pure l’amore che essi avevano tra di loro e nei confronti dei nemici. Nel mondo greco-romano in cui vivevano i primi cristiani non era tanto la dottrina, o il dogma, o la preghiera che li qualificava come cristiani, anche i pagani avevano delle tradizioni e delle dottrine, erano religiosi, facevano riti e pregavano i loro dèi. Ciò che più identificava i cristiani era il fatto che non avevano templi, ma si riunivano nelle case (la costruzione dei templi e delle “chiese” non era proibito dall’impero romano, anzi era favorita per onorare la divinità e averne il favore, ma fu una scelta dei primi cristiani quella di non costruire luoghi di culto, perché “il vero tempio di Dio”, dicevano, “siamo noi”), non avevano immagini di Dio (Dio non si può rappresentare), si amavano tra di loro come fratelli e amavano i nemici, persino quelli che li perseguitavano.


“Amate i vostri nemici”, dice Gesù ai suoi discepoli, ai cristiani. I nemici sono tutti i nemici. Amare i nemici non significa “non odiarli”, come diceva Origene, cercando di addolcire il comandamento di Gesù, ma significa fargli del bene; significa fare loro del bene come fa il Padre nostro che è nei cieli: “Egli fa levare il suo sole sopra i malvagi e i buoni, fa piovere sui giusti e sugli ingiusti”. Ecco la misura dell’amore per i nemici. Amare i nemici non è un sentimento, ma è un comportamento. È praticabile l’amore per i nemici? Se Gesù lo chiede, ciò significa che possiamo praticarlo, se siamo nella fede e se camminiamo nello Spirito. È un comandamento eccezionale? Sì, lo è, ma il cristiano non è uno che riesce a fare ciò che fanno i pagani; il cristiano è uno che fa cose eccezionali, che fa cose sorprendenti; uno che vive imitando Gesù, uno che vive da figlio di Dio.


“Amate i vostri nemici”. Nel vangelo di Luca, il comandamento dell’amore per i nemici è ripetuto due volte nel “sermone del ripiano” (6,27.35). La formulazione del comandamento contrastante è esattamente uguale a quella di Matteo 5,44, con la differenza che Matteo lo inserisce in una delle sue caratteristiche sei antitesi (“Avete udito che fu detto… Ma io vi dico”). Luca esprime questo comandamento non come una reazione emotiva, o come “un pio sentimento cristiano”, bensì come una mentalità e un modo di comportarsi del cristiano. Dopo il comandamento, Luca riporta anche il commento che Gesù ne fa: amare i nemici significa fare loro del bene e prestare.


“Amate i vostri nemici”. Matteo e Luca non solo concordano nella sostanza del comandamento, ma ci dicono chiaramente, nel seguito del commento, che cosa significhi concretamente amare i nemici: non un semplice pensiero della nostra mente, non una tesi teologica, non un sentimento nascosto nel cuore, ma dei fatti concreti. Il comando di amare i nemici, di fare del bene a quelli che ci odiano, di benedire quelli che ci maledicono, di pregare per quelli che ci disprezzano, deve essere preso come norma da coloro che di fatto sono odiati, disprezzati, segregati, offesi e maledetti. Il comandamento di amare i nemici è parte degli insegnamenti di Gesù sulla vita del cristiano e della chiesa.

Paolo Mirabelli

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“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

Trova il tempo per pensare; trova il tempo per dare; trova il tempo per amare; trova il tempo per essere felice. La vita è troppo breve per essere sprecata. Trova il tempo per credere; trova il tempo per pregare; trova il tempo per leggere la Bibbia. Trova il tempo per Dio; trova il tempo per essere un discepolo di Gesù.