Nella lettera agli Efesini c’è un’esortazione a valorizzare il tempo: “Guardate dunque con diligenza a come vi comportate; non da stolti, ma da saggi; recuperando il tempo perché i giorni sono malvagi (5,15-16). I cristiani si comportano diligentemente da saggi, non da stolti. Con la conversione tutto acquista un nuovo significato, anche il tempo. Non possiamo sprecare il nostro tempo in cose futili e inutili. Non possiamo nemmeno lasciarci spaventare dal tempo che stiamo vivendo, per le notizie di cronaca che tolgono il fiato. L’apostolo ci invita a saper gestire questo tempo cupo e pauroso alla luce di Cristo. Paolo usa qui il verbo greco exagorazo che significa: riscattare, acquistare. Ma che cosa significa acquistare o redimere il tempo e come possiamo farne un buon uso, fino in fondo? La riflessione che segue nasce da queste domande e si sviluppa facendo riferimento all’immagine del pescatore che troviamo nei vangeli.
Tutti gli uomini sono come i pescatori (l’immagine richiama le scene dei vangeli dei primi discepoli di Gesù) che ripetono ogni giorno, ogni notte, il mestiere del pescatore, tra speranza e attesa, fatica e successo, delusione e riuscita. Solo che ai suoi discepoli Gesù chiede di compiere una attività per la vita: diventare pescatori di uomini significa strappare le persone dalla morte e portarli alla vita in Cristo. Il mestiere antico del pescatore è come il mestiere del vivere, fatto di ripetitività, nella litania dei giorni, degli orari, delle azioni; giorni più o meno grigi, ripetitivi o noiosi, solari o faticosi. E noi dobbiamo imparare a valorizzare il tempo e a farne buon uso.
Un tempo i pescatori, tornati dalla pesca, si sedevano sulla riva del mare e riparavano le reti che si erano strappate. L’immagine delle reti da riparare ci riporta alla pazienza quotidiana della mano, ad un lavoro umile, quasi invisibile: vivere la vita, nella ferialità dei giorni, significa anche imparare l’arte del restauro; significa imparare a ricucire e rassettare nelle molte situazioni della vita. Non si tratta solo della cura materiale degli oggetti, ma di avere cura delle relazioni umane, delle persone ferite. Sono tanti gli strappi e gli squarci che si trovano nel tessuto delle vite degli uomini. Il più grande è quello della lontananza da Dio. Il tempo non è più scansionato in prima di Cristo e dopo Cristo, ma è stato reso uniforme, nel senso che si tende a vivere un tempo senza Cristo. Quando si vuole essere come Dio, senza Dio, si finisce per essere soltanto demoni. Oggi gli uomini hanno, per così dire, sterilizzato il tempo: e ciò che è sterilizzato equivale, in qualche modo, al morto. Il nostro è ormai per molti un tempo morto. Ma la presenza di Cristo può far rivivere ogni cosa.
Un tempo i pescatori pescavano a rete, e ciò significava prendere ogni sorta di pesce: quello buono e quello cattivo, quello da conservare nei vasi perché commestibile e quello da buttare via. Questa immagine serve ad illustrare l’era in cui viviamo: quella digitale di internet. È come se oggi fossimo tutti all’interno di una rete. A volte siamo tutti pescatori, altre volte siamo anche pesci che vengono pescati nella rete. La rete digitale promette la liberazione dal peso della materia: l’uomo del futuro non avrà più bisogno delle mani per lavorare; non dovrà più maneggiare nulla, perché non avrà più a che fare con cose materiali, ma solo con informazioni e dati immateriali.
Un tempo i pescatori vivevano il trascorrere del tempo in maniera naturale, senza sentirsi minacciati e spaventati dal loro tempo. Oggi il tempo ferisce e spaventa tutti per i fatti di cronaca che accadono ogni giorno. Il tempo ha perso il suo significato, e la pienezza della vita ha perso la bellezza dei suoi giorni. La paura, che assedia il tempo, non viene più mimetizzata. Anche le ore più chiare della vita hanno perso senso. E questo perché la voce di Dio non si vuole più udire, perché la Parola di Dio è diventata sempre meno Parola di Dio. Lontani da Dio si smarrisce l’eternità: e ciò che è relativo si legge in termini di assoluto. La speranza si è persa, perché non si guarda più in alto, al cielo, a Dio. Tutto è solo fine, mentre l’Apocalisse di Giovanni ci ricorda che Gesù è inizio e fine, alfa e omega. Nel discorso escatologico del vangelo di Luca, Gesù dice: “Quando queste cose cominceranno ad avvenire, rialzatevi, levate il capo, perché la vostra liberazione si avvicina” (21,28). Noi abbiamo la parola di Cristo che illumina i fatti della storia e ci guida in ogni tempo, anche nei tempi di crisi, nei tempi difficili della storia come i nostri, in cui tutto è diventato instabile e terribilmente pauroso. Il Vangelo di Cristo è la nostra stella, che illumina la notte nei momenti bui della vita, e il nostro sole, che illumina il giorno e schiarisce il cammino della vita.