Quando si avverte l’avvicinarsi della morte, chiunque si sente agitato e sconvolto. Il pensiero va alla propria vita, alle responsabilità della vita, al vuoto per le preoccupazioni e gli affari, al dolore delle persone che si lasciano. Gesù, invece, alla vigilia della sua morte è calmo e sereno e, nel Cenacolo, dopo l’uscita di Giuda, parla ai suoi discepoli rivolgendo queste parole: “Tra poco non mi vedrete più; e tra un altro poco mi vedrete” (Giovanni 16,16). “Nessun uomo parlò mai come quest’uomo”: nessuno nel momento della sua morte dice “ancora un poco e mi rivedrete di nuovo”. Nessuno può dirlo. La morte cancella tutto, annulla ogni cosa, toglie ogni speranza. La morte ti strappa via dalle mani e dalla vista le persone che ami e te le toglie per sempre. Non senti più la loro voce, la loro presenza, il loro profumo. È come se tutto venisse cancellato. Rimane solo il ricordo: il ricordo di un tempo che fu e che ora non c’è più. Meglio non pensarci, poiché il cuore fa fatica a ricordare quel tempo passato abitato dalle persone che ami. La morte segna un punto di non ritorno. Non è come un viaggio che dura solo alcuni giorni. La morte è per sempre. È una ovvietà e un dato di fatto che nessuno può negare. Nessuno è tornato dall’aldilà a stare nuovamente con i suoi cari. No, non c’è speranza di rivederli di nuovo in mezzo a noi. Non ci sono più. Ecco perché le parole di Gesù suonano come una dolce e piacevole musica alle nostre orecchie.
I discepoli non capirono queste parole di Gesù e si domandarono che cosa volesse dire il Maestro. Nemmeno noi le avremmo capite. Non sono parole che ci appartengono, che convengono al nostro linguaggio di circostanza nei funerali. Non sono parole che sentiamo dire spesso da chi sta per morire. Nella mente degli apostoli doveva esserci tristezza, incertezza, confusione. È chiaro che non pensavano che le parole di Gesù si riferissero alla sua morte imminente e alla risurrezione. Chiuso nel sepolcro per tre giorni nessuno poteva più vederlo. E anche dopo la risurrezione i discepoli erano ancora addolorati per la morte del Maestro. Erano turbati e paurosi per quanto era accaduto. Quando la Maddalena venne ai discepoli ad annunciare che la pietra del sepolcro era stata tolta e che il sepolcro era vuoto, essi non immaginavano che il grande fatto della risurrezione di Gesù si fosse compiuto, non pensavano che il Signore fosse veramente risorto dalla morte. Soltanto dopo credettero: dopo l’apparizione di Gesù alle donne, dopo l’apparizione ai discepoli di Emmaus, dopo l’apparizione agli apostoli riuniti a porte chiuse, dopo l’apparizione e il rimprovero a Tommaso. Solo dopo le apparizioni di Gesù i discepoli credettero alla risurrezione come un fatto realmente accaduto. Prima, in quei tre giorni bui, erano tristi per la scomparsa del Maestro. Nascosti e chiusi temevano per se stessi. Tutte le loro speranze sembravano portate via e forse rimpiangevano le reti per pescare che avevano abbandonate per seguirlo. Ma ben presto però la loro tristezza si mutò in gioia, perché il Signore risorto apparve a loro nuovamente vivo.
Fuori dal Cenacolo, intanto, i sommi sacerdoti, gli scribi e i farisei non potevano contenere la loro gioia per la morte di quel “seduttore galileo”. Il “mondo gioisce” (16,20) quando non si vede e non si ode Gesù. Ancora oggi sono in tanti che non lo vedono: sono in tanti che non sanno dare un senso alla loro vita e pensano soltanto a mangiare, bere e divertirsi. Gesù era il loro incubo quotidiano: la sua dottrina non era conforme alle loro tradizioni, i suoi miracoli confondevano la gente semplice, i suoi rimproveri li mettevano in cattiva luce. I suoi nemici avevano faticato nel sostenere le accuse contro Gesù e la sua condanna a morte davanti alle autorità; avevano faticato nel persuadere le turbe a chiedere la liberazione di Barabba invece di quella di Gesù. Un occulto timore li tenne agitati pure il giorno della crocifissione (e nei giorni successivi) per la paura che quel Nazareno con uno di quei miracoli per il quale era diventato famoso si liberasse dalle loro mani. Dovettero provare spavento inoltre al tremare della terra, all’oscurarsi del sole, all’aprirsi delle tombe, al sentire poi i racconti dei discepoli che dicevano: “Gesù è risorto!”.
Nelle parole di Gesù possiamo scorgere un senso escatologico. Le sue parole possono applicarsi anche a noi: sono dette a noi che aspettiamo il ritorno (la parusia) del Signore e di rivedere i nostri cari. Quanto sia lungo questo poco non lo sappiamo, ma sappiamo che tornerà il sereno dopo la tempesta. Sappiamo che incontreremo di nuovo i nostri cari che hanno amato la sua apparizione. Sappiamo che “ancora un poco e poi mi vedrete”. Sì, vedremo il Signore!