Dopo l’episodio dello stratagemma delle frecce, il primo libro di Samuele racconta che Davide, dopo avere constato assieme a Gionata che Saul era intenzionato a ucciderlo, lascia la corte di Saul e diventa un fuggiasco per salvarsi la vita: fugge a Nob (21,1-9) e a Gat (21,10-15). Nob si trovava a sud, vicino a Gerusalemme. Gat apparteneva alla Pentapoli filistea ed era la città nativa di Golia, l’eroe filisteo morto. In quel tempo il tabernacolo del Signore si trovava in quella regione: dopo 1 Samuele 7 è difficile tracciare la storia del percorso del tabernacolo, poiché non se parla più fino al capitolo 21. Davide prima aveva ottenuto appoggio dal profeta Samuele (19,18-28), ora lo ottiene dal sacerdote (21,2-9). Egli è in pericolo di vita e cerca di scamparla inventando un sotterfugio. A dire il vero, il suo comportamento menzognero a Nob lascia perplessi, ma il narratore né lo censura né lo loda, poiché altro è il suo scopo: mostrare cosa Davide era costretto a fare per sopravvivere. Il racconto non mostra interesse al fatto che Davide ottiene ciò che vuole ingannando il sacerdote, piuttosto il fatto è narrato perché porterà al massacro dei sacerdoti di Nob preparato da Saul. Davide, che di solito usciva con una scorta di giovani milizie, si presenta da solo dal sacerdote e chiede pane da mangiare. Il sacerdote non ha pane comune da dargli, ma solo pane consacrato. L’unico pane disponibile era quello usato nel tabernacolo (i pani di presentazione), che era stato sostituito con del pane caldo di giornata. Il pane consacrato poteva essere mangiato solo dai sacerdoti, e comunque da quelli che erano puri, ma la necessità nella quale si trovava Davide (e i suoi) permette di derogare alla legge, stabilendo il principio che la vita è più sacra del pane, come dirà Gesù nei vangeli (Matteo 12,7-8). Né Davide né i suoi uomini avevano avuto rapporti sessuali con donne, quindi i “vasi” (un eufemismo per dire i “corpi”) degli uomini erano santi per poter mangiare il pane consacrato. L’accenno a Doeg (21,7), l’edomita, anticipa la parte che questo servo di Saul farà in seguito (22,9). Egli era una spia di Saul, conosceva Davide e poteva dare contezza a Saul: fu lui che informò il re della presenza di Davide nella regione. Prima di lasciare il sacerdote Achimelec, Davide chiede una spada, e gli viene data la spada di Golia. Il sacerdote è compiaciuto di consegnare la spada di Golia a Davide. Nel racconto c’è anche l’intenzione di mostrare come i sacerdoti, dandogli pane consacrato e la spada di Golia, danno approvazione a Davide come futuro re d’Israele. Dio ha fatto ungere Davide re d’Israele, le donne lo acclamano nei loro canti, Samuele lo sostiene, Gionata gli è amico, ma Saul cerca di ucciderlo.
Davide fugge di nuovo, come è ormai costretto e abituato a fare. Non ha una meta, ma fugge da Saul, per stare il più lontano possibile. Dopo Nob, si reca a Gat: la città del gigante Golia, che egli ha ucciso; e vi giunge con la spada di Golia. Giunto a Gat presume di non essere riconosciuto, ma non è così. Riconosciuto da Achis, il re della citta dei filistei, e dai suoi sevi, Davide si finge pazzo. Nel mondo antico la pazzia era considerata un presagio di sventura e quindi esente da offesa; i pazzi erano lasciati stare per timore di provocare gli dèi. Evidentemente il re filisteo aveva anche tratto la sua conclusione dalle parole delle cantanti, che danzando dicevano: “Saul ha ucciso i suoi mille e Davide i suoi diecimila” (21,11); e questo Saul non poteva sopportarlo, per cui vedeva Davide come una minaccia alla stabilità del suo regno, ma né i filistei né i sacerdoti di Nob sapevano della rottura tra Davide e Saul. Achis sapeva più di tanti in Israele. Samuele sa che Davide sarà re e Gionata lo ha previsto, ma per il resto nessun altro è a conoscenza dell’unzione segreta di Davide, oltre a lui e alla sua famiglia. L’ignoto pastorello è ora conosciuto da tutti, persino dai nemici, i filistei. Achis sa (ne trae le conseguenze) che cosa le donne cantavano, ma Davide agisce per disfare la sua identità di re, fingendosi pazzo: tracciava dei segni sui battenti delle porte, si gettava a terra e si lasciava cadere la saliva sulla barba. La “pazzia” di Davide è diversa da quella di Saul: Davide finge di essere pazzo nel disperato tentativo di non essere scoperto e di salvarsi la vita. Comunque non è uno spettacolo bello da vedere. Si tratta pur sempre di recitare una parte che non è la sua e di generare confusione nella gente. Per certi versi questo episodio fa venire in mente la simulazione (ypokrisis) di Pietro (Galati 2,13), ripresa da Paolo perché contraria al Vangelo (2,14): la finta pazzia di Davide e la simulazione di Pietro danneggiano l’identità. Achis non ha bisogno di altri pazzi nella sua città, anche se sono pazzi regali, e non lo vuole in casa sua.