Il vangelo racconta tre fatti: la risurrezione di Gesù come già avvenuta; l’apparizione di un giovane alla tomba vuota; la reazione delle donne e la loro fuga dal sepolcro. Tre donne si recano al sepolcro di Gesù, una tomba scavata nella roccia di proprietà di Giuseppe d’Arimatea, per imbalsamarne il corpo, portando gli aromi che hanno comprato. I loro nomi sono: Maria Maddalena, Maria madre di Giacomo e Salome. Donne che avevano seguito e servito Gesù sin dal ministero galilaico (15,41), che lo avevano visto morire e seppellire (15,47). La Maddalena è menzionata per prima. Le donne nei vangeli sono presenti alla nascita e alla morte di Gesù. Vanno al sepolcro per imbalsamare il corpo di Gesù, e diventano, loro malgrado, le prime testimoni della risurrezione di Gesù. Sono esse che per prime vedono gli angeli e annunciano che il Signore è risorto.
Il racconto di quel giorno inizia con una annotazione di tempo: “Dopo il sabato, la mattina del primo giorno della settimana”. Sono i tre tempi dell’agire nel racconto: il tempo giudaico, quello umano e il tempo della risurrezione. Gesù non è risorto di sabato, ma dopo il sabato. Gesù è risorto di domenica. La risurrezione avviene nel tempo di Dio. Durante il cammino le donne si domandano: “Chi rotolerà la pietra per noi?” La pietra, che era molto grande, era stata posta per custodire la tomba ed evitare che il corpo di Gesù venisse trafugato. Non era stata prevista la risurrezione che schianta le rocce. C’è uno sguardo a distanza verso il sepolcro. I loro volti sono tristi; la loro parola è silenziosa e interna. Quando alzano lo sguardo, vedono che la pietra è stata tolta dal sepolcro. Che è successo? I loro passi si affrettano perché vogliono vedere e capire. La pietra è stata tolta da Dio: un angelo di Dio l’ha rotolata. Gesù è risorto. È l’impossibile possibilità di Dio. Tre movimenti illustrano la risurrezione: il sole che si leva; le donne che alzano lo sguardo; la pietra tolta dal sepolcro. Tutti movimenti dal basso verso l’alto, come il corpo che si leva nella risurrezione (anistemi letteralmente significa “alzare”).
Entrate nel sepolcro, le donne vedono un giovane seduto alla destra. La sua posizione è descritta in modo dettagliato perché è importante teologicamente. Il lato destro è simbolo di potenza. Il giovane è seduto, in opposizione al corpo morto che non c’è, ed è vestito di una veste bianca, segno di purezza e di messaggero di Dio. Il giovane rappresenta il sì di Dio: gli uomini hanno crocifisso Gesù, ma Dio lo ha risuscitato. La presenza del giovane richiama due fatti del vangelo di Marco: le vesti bianche di Gesù nella trasfigurazione (9,3) e il giovane che fugge, quando arrestano Gesù, e lascia i suoi vestiti (14,51-52). Il giovane rimanda le donne a Gesù il Nazareno, che è assente perché è risorto. Nel luogo dove c’era il corpo di Gesù non c’è più niente da vedere. La tomba è vuota. Le donne sono spaventate perché sanno di essere alla presenza di un fatto straordinario. La paura toglie la parola. Nel luogo della morte l’uomo non ha niente da dire. Di fronte alla morte non ci sono molti discorsi da fare. Il giovane prende la parola e dice alle donne: “Non vi spaventate! Voi cercate Gesù il Nazareno che è stato crocifisso, egli è stato risuscitato (egherthe)”.
Dall’annuncio ne scaturisce un mandato: “Andate a dire”. A chi? Che cosa? Ai discepoli e a Pietro. Ma Pietro è già uno dei discepoli, perché allora menzionare il suo nome? Perché dopo il tradimento Pietro non pensava di essere riammesso nel novero dei discepoli. La notizia da recare ai discepoli è che Gesù è risorto e li precede in Galilea; là lo vedranno, come egli ha detto. Ognuno di noi ha un “Pietro” al quale dire: “Gesù è risorto e ti cerca!” L’indicazione geografica della Galilea sottolinea la continuità della sequela per i discepoli. La Galilea è il luogo del rimando al principio del vangelo, all’inizio del ministero di Gesù (1,14). È come se la storia ricominciasse da capo. Il vangelo chiede ora di essere letto dall’inizio, cominciando dalla risurrezione.
Le donne lasciano il sepolcro, lo spazio della morte, e fuggono via perché spaventate ed estasiate, letteralmente “fuori di sé” (ek-stasis). “Non dissero nulla”, il silenzio delle donne rimanda alla parola del centurione sotto la croce: “Veramente quest’uomo era il Figlio di Dio” (15,39). È un pagano, il più lontano di tutti, a riferire la parola di Dio detta al battesimo e alla trasfigurazione: “Questi è mio Figlio” (1,11; 9,7). L’ultima parola del racconto è “paura”: le donne non dicono nulla perché hanno paura. Senza l’incontro con il Risorto, la vita umana è una fuga continua per ricadere sempre di nuovo nella paura. È l’incontro con il Risorto che riempie la vita di gioia.