Prima di analizzare il nostro testo, è bene richiamare i versetti precedenti. Paolo parla della sua esperienza, della sua venuta a Corinto quando ha annunciato l’Evangelo in quella città. Nella predicazione, a Corinto come altrove, egli ha rifiutato i discorsi persuasivi della sapienza umana, gli espedienti dei filosofi e le loro argomentazioni, e ha predicato soltanto la croce: Gesù Cristo e lui crocifisso. La sua unica preoccupazione era rispondere a domande come queste: chi è Gesù e dove l’uomo può trovare salvezza? La debolezza umana dell’apostolo in mezzo a loro, altro argomento contrario alle capacità della sapienza umane, non fa che esaltare la potenza dello Spirito, in parole e dimostrazioni, e confermare un dato che a Paolo sta molto a cuore: la fede dei corinzi non era fondata sull’uomo e sulle capacità persuasive umane, ma su Dio. Quanti missionari e araldi del Vangelo oggi possono affermare altrettanto? Le chiese vivono un tempo in cui sono molto ricercate le tecniche umane per convincere la gente: c’è chi promette il successo (anche economico); chi il divertimento; chi promette esperienze sensazionali; chi il miracolo; chi fa leva sulla paura, sulla solitudine, sulla disperazione. Ma dobbiamo sempre domandarci su chi e su che cosa è fondata la fede di chi dice di credere: sull’uomo o su Dio, sulle promesse e risorse umane o sul Vangelo?
A Corinto c’era chi si inorgogliva, chi per mettersi in mostra faceva sfoggio di sapienza umana, e predicava il Vangelo ricorrendo a sottili ragionamenti, come facevano i filosofi. Paolo dà un giudizio molto severo di queste persone. Chi si comporta in questo modo non si è ancora reso conto che, da un punto di vista umano, la proposta della predicazione è una follia, poiché è l’invito a divenire discepoli di un uomo giustiziato come un qualunque malfattore. Solo dei pazzi possono rischiare la vita accettando la sua proposta, e solo chi è ancora più pazzo può decidere di sprecare la propria di vita come araldo e messaggero di uno morto in croce. Secondo il mondo, umanamente, tutto ciò è pazzia: è contrario al buon senso donare la vita per uno che è finito su una croce. “Ma chi te la fa fare?”, domanda il mondo. Ovviamente le cose non stanno così, né per Paolo, né per noi che crediamo e sappiamo in chi abbiamo creduto. La fede non è un salto nel buio, ma un gettarsi nelle braccia amorevoli di Dio. Sia chiaro: nulla di irrazionale c’è in Dio, nulla che ripugni alla ragione, e la Bibbia non è certo un libro per sprovveduti, ingenui, creduloni, insensati, ignoranti. Ma quando si fa affidamento negli uomini anziché in Dio, allora le vie di Dio appaiono assurde e stolte.
L’apostolo precisa meglio il suo ragionamento, che è iniziato nel capitolo precedente. Esiste, scrive Paolo ai corinzi, una sapienza non di questo mondo, naturalmente, ma di Dio; una sapienza di Dio che può essere accolta e capita soltanto da coloro che sono “maturi” o “perfetti” (greco: teleios). Di che si tratta? Di quella che è chiamata “sapienza di Dio misteriosa e nascosta, che Dio aveva prima dei secoli predestinata a nostra gloria”. Ovvero: la sapienza che è nel mistero di Dio, che è rimasta nascosta nei secoli ma stabilita e preordinata per coloro che credono. È quella sapienza che nelle altre lettere del Nuovo Testamento è chiamata semplicemente “mistero”. È il disegno benevolo di Dio in Cristo per la salvezza dell’uomo. Dio era all’opera per salvare l’uomo prima ancora che il mondo esistesse. Questo progetto era noto da tutta l’eternità soltanto a Dio, nessuno dei dominatori di questo mondo (e ve ne sono tanti!) lo ha conosciuto, e nessuno poteva immaginare quale meraviglia egli stesse preparando. Con la pienezza dei tempi, con la venuta del Figlio, questo mistero sapiente di Dio si è realizzato e può essere contemplato nel suo progressivo svelarsi. Ciò che Dio sta attuando per coloro che lo amano oltrepassa i desideri, le speranze e le esperienze degli uomini. Citando un tema caro al profeta Isaia, Paolo descrive così la sorpresa, o meraviglia, che attende coloro che ora possono scrutare il mistero di Dio: “Le cose che occhio non vide, e che orecchio non udì, e che mai salirono nel cuore dell’uomo, sono quelle che Dio ha preparate per coloro che lo amano”. Come fa Paolo a conoscere il disegno e la sapienza di Dio? Come può egli conoscere ciò che per l’uomo è inconoscibile e inenarrabile? Dio glielo ha rivelato per mezzo dello Spirito Santo. Così l’apostolo che prima ha affermato di essersi presentato ai corinzi in debolezza, con timore e tremore, privo della sapienza persuasiva dei filosofi, ora colloca se stesso tra coloro che, per mezzo dello Spirito Santo, hanno ricevuto la rivelazione della sapienza di Dio misteriosa e occulta, ma che noi oggi possiamo leggere e conoscere nelle pagine del Vangelo.