Il capitolo 13 del primo libro di Samuele narra il primo episodio di disobbedienza di Saul, collocato nel contesto dell’attacco contro una guarnigione filistea. È la minaccia dei filistei a portare Saul al trono; la monarchia nasce per combattere i filistei, ed è questo che è chiamato a fare ora Saul: la sua missione è quella di opporsi alla loro aggressione. Il capitolo, articolato in quattro parti, ha al centro il verdetto teologico su Saul. Questo capitolo è importante non solo per gli insegnamenti, ma anche per il quadro storico, politico e sociale e i particolari sulle armi, le strategie militari e la lavorazione del ferro. Nell’ansia di evitare la diserzione dei suoi soldati, Saul fa dei sacrifici e degli olocausti (assume così la funzione di sacerdote che non gli compete, poiché egli non è della tribù di Levi, ma di Beniamino) prima dell’arrivo di Samuele a Ghilgal (10,8). Saul affretta i tempi e trasgredisce il comando: nella sua disobbedienza al profeta del Signore, egli si dimostra disobbediente al Signore, per questo il suo regno non durerà per sempre, non avrà una dinastia. Dopo il rigetto di Saul, la narrazione continua con l’informazione che i filistei controllano e hanno il monopolio della fabbrica e produzione del ferro. Di conseguenza Israele non è armato di spade e di lance. Vista la disparità negli armamenti, ogni vittoria che Israele ottiene in battaglia può venire soltanto dal Signore. È da notare che lo Spirito di Dio non è menzionato in questo racconto: non si dice che si è allontanato da Saul e dal suo esercito, ma qualcosa non funziona. Gli israeliti non agiscono come chi è allato dello Spirito. Qui non vi è Spirito e non vi è libertà e successo.
13,1-7. Viene descritta la superiorità numerica e bellica dei filistei. Il versetto 1 manca nei LXX e nel testo masoretico manca il numero degli anni. Paolo però conferma che il regno di Saul dura quarant’anni (Atti 13,21). Dopo l’esperienza con gli ammoniti, Saul comincia a creare un esercito permanente di soldati addestrati: duemila sotto il suo diretto comando e mille sotto quello del figlio Gionatan. Ed è proprio il figlio che batte una guarnigione di filistei a Gheba, e Saul suona la tromba e ne dà la notizia (prelude forse alla vanità?). I cavalieri di cui si parla sono i soldati che montano sui carri da guerra, due per ogni carro, come presso gli egiziani (rappresentati sui monumenti). La cavalleria in senso moderno entra in uso all’epoca dei persiani. Che in Israele qualcosa non vada per il verso giusto appare persino dalla descrizione del popolo. Gli israeliti sono spaventati, intimiditi e codardi. Il popolo, sopraffatto dalla pressione dei filistei, cerca scampo nelle caverne (come in Giudici 6,2); trema e segue Saul spaventato; vedendo passare i giorni senza far nulla, si sbanda e comincia a disperdersi. L’ascendente di Saul sul popolo sta già declinando.
13,8-14. Il popolo comincia ad abbandonare Saul e a disperdersi. Nel tentativo di arrestare ciò, Saul offre un sacrificio, non aspetta Samuele. Egli non è autorizzato a farlo (9,13), non è un sacerdote e non appartiene alla tribù di Levi. È un peccato contro la santità di Dio, come la negligenza verso l’arca. È un atto di culto usato per scopi politici. Stupisce l’arrivo tempestivo di Samuele. “Che hai fatto?”, chiede. Saul risponde di avere agito per evitare la dispersione dei soldati e per non iniziare la battaglia senza un sacrifico. “Tu hai agito stoltamente”, replica Samuele. Con il sacrificio Saul disubbidisce alla legge (Levitico 6) e alla parola del profeta (10,8). Samuele predice a Saul che non avrà dinastia. L’ebraico siwwah (ordinato), usato due volte, struttura la frase così: “Il Signore ha ordinato Davide perché tu non hai rispettato ciò che il Signore ti ha ordinato”. Il dado è tratto. Saul è fuori gioco, sostituito da uno che verrà nominato più tardi. Per la prima volta viene presentato al lettore Davide, sebbene non lo si menzioni per nome, un uomo secondo il cuore di Dio.
13,15-18. Dopo la partenza di Samuele, i filistei organizzano tre bande di guastatori, che vanno in tre direzioni: Ofra, a nord; Bet-Oron, a ovest; la via della frontiera che guarda la valle di Seboim verso il deserto, a sud-est: probabilmente è la valle che scende verso Gerico e il deserto è la desolata valle del Giordano nei pressi del Mar Morto.
13,19-23. Per evitare che gli ebrei fabbrichino armi, i filistei detengono l’intera industria del ferro. Il “pim” (circa 12 grammi) è un prezzo molto alto per i lavori del ferro. I soldati ebrei sono pochi e poco armati. Nel giorno della battaglia nessuno, eccetto Saul e Gionatan, ha in mano una arma. Tuttavia, la vittoria di un popolo senza armi fa risplendere la imperscrutabile potenza e la signoria di Dio, il Signore che domina su tutto e su tutti, che innalza gli umili e abbassa i potenti.