Consolate, consolate il mio popolo; parlate al cuore del mio popolo: con queste parole liberamente tratte dal profeta Isaia vorremmo parlare al cuore degli italiani in questo momento così difficile, nel quale ci sentiamo smarriti per quanto sta succedendo al nostro Paese, a causa del coronavirus. “Il Dio di ogni consolazione” (2 Corinzi 1,3) consoli il cuore di tutti tramite le parole di Isaia. Il brano costituisce l’inizio della seconda parte del libro di Isaia (capitoli 40-55), denominato: “Il libro della consolazione”. Esso inizia, infatti, con le parole: “consolate, consolate il mio popolo”. L’annuncio della consolazione riguarda la fine della schiavitù in Babilonia, durata circa sessanta anni. Il passo contiene l’annuncio del tema, cioè la consolazione e la fine dell’esilio, la presentazione di una voce profetica, infine l’annuncio del ritorno di Dio come guida del suo popolo.
Annuncio del tema. «Consolate, consolate il mio popolo, dice il vostro Dio. Parlate al cuore di Gerusalemme e proclamatele che il tempo della sua schiavitù è compiuto; che il debito della sua iniquità è pagato, che essa ha ricevuto dalla mano del Signore il doppio per tutti i suoi peccati». (40,1-2). Gerusalemme, emblema del popolo eletto, era deportata in esilio e in schiavitù a causa dei suoi peccati, a causa dell’idolatria e delle ingiustizie commesse. Qualcuno poteva pensare che questo esilio, vera piaga, non fosse più finito, invece ecco che risuona il grande annuncio: l’iniquità è stata scontata, la schiavitù è finita, viene la consolazione. L’annuncio è dato al cuore di tutti. Il parlare al cuore non riguarda soltanto il sentimento, ma anche l’intelligenza e la volontà; riguarda la totalità umana, a cui è rivolta la notizia di gioia. La gioia consisterà nella liberazione dalla servitù e dall’esilio, un nuovo esodo, che rinnoverà quello antico con i suoi prodigi.
Presentazione della voce profetica. «La voce di uno grida: Preparate nel deserto la via del Signore, appianate nei luoghi aridi una strada per il nostro Dio! Ogni valle sia colmata, ogni monte e ogni colle siano abbassati; i luoghi scoscesi siano livellati, i luoghi accidentati diventino pianeggianti. Allora la gloria del Signore sarà rivelata, e tutti, allo stesso tempo, la vedranno; perché la bocca del Signore l'ha detto» (40,3-5). La voce profetica, lasciata volutamente anonima, obbedisce a ciò che è stato detto prima, cioè al comando di recare consolazione. I vangeli sinottici, che citano questo testo secondo la traduzione dei Settanta, lo applicano a Giovanni Battista che annuncia la venuta del Signore. Preparare la via era la consuetudine antica che riguardava un re vittorioso; la strada attraverso cui doveva passare per celebrare il suo trionfo veniva allestita in modo che egli potesse percorrerla senza disagio. L’immagine è qui usata per descrivere il passaggio di Dio stesso alla testa del suo popolo che ritorna dall’esilio. Questa strada, che passava nella zona desertica, doveva essere preparata per poter consentire un ritorno agiato, comodo, gioioso ed esultante, nel quale sarebbe apparsa la gloria del Signore, la sua stessa presenza. Questa descrizione poetica è grandiosa, è come rivivere l’esodo antico. La profezia fa intravvedere una realtà che supera il puro ritorno geografico degli esiliati e la pura liberazione dalla schiavitù politica, che fu limitata. La profezia delinea il ritorno della gloria del Signore, che avrà orizzonti diversi da quelli soltanto politici.
Annuncio del ritorno di Dio. «Una voce dice: Grida! E si risponde: Che griderò? Grida che ogni carne è come l'erba e che tutta la sua grazia è come il fiore del campo. L'erba si secca, il fiore appassisce quando il soffio del Signore vi passa sopra; certo, il popolo è come l'erba. L'erba si secca, il fiore appassisce, ma la parola del nostro Dio dura per sempre. Tu che porti la buona notizia a Sion, sali sopra un alto monte! Tu che porti la buona notizia a Gerusalemme, alza forte la voce! Alzala, non temere! Di' alle città di Giuda: «Ecco il vostro Dio! Ecco il Signore, Dio, viene con potenza, con il suo braccio egli domina. Ecco, il suo salario è con lui, la sua ricompensa lo precede. Come un pastore, egli pascerà il suo gregge: raccoglierà gli agnelli in braccio, li porterà sul petto,
condurrà le pecore che allattano.» (40,6-11). Questo tratto è un arricchimento del tema. Il ritorno di Dio alla testa del suo popolo, prima esiliato, è un trionfo. Dio è un re potente; è come un pastore pieno di tenerezza verso le pecore madri e gli agnellini. Il tema del buon pastore, che percorre la profezia antica, ha la sua piena realizzazione in Gesù. Questo brano profetico, che parla di un evento storico determinato, cioè il ritorno del popolo da Babilonia, esprime l’attesa e l’annuncio di un altro evento che viene pienamente compreso alla luce del Nuovo Testamento.