Il primato di Cristo è scolpito in modo mirabile e indelebile in questo testo della lettera ai Colossesi. Siamo alla presenza di una composizione letteraria stupenda, che in molti definiscono “ inno”. Esso parla sempre di Cristo senza però mai nominarlo. La sua posizione iniziale nella lettera ai Colossesi non vuole essere semplicemente celebrativa, ma anche fondante del messaggio evangelico. L’inno è facilmente divisibile in due parti: la prima, 1,15-17, illustra il rapporto esistente tra Cristo e il creato e lo presenta come il mediatore della creazione; la seconda, 1,18-20, presenta il ruolo di Cristo in merito alla redenzione dell’uomo, accennata nei versetti 13-14 e ripresa nel versetto 21.
La prima parola con la quale Cristo viene indicato è “immagine” (eikon). Nella cultura ellenistica del mondo antico, l’immagine, pur distinta dal suo archetipo, ne costituisce però una manifestazione reale. In termini più semplici, si può dire che la relazione tra immagine e realtà è molto stretta, più di quanto noi oggi possiamo pensare. In termini biblici, ciò significa che “immagine” in riferimento a Cristo esprime la stessa natura divina del Figlio e del Padre. L’immagine di un uomo riflessa in uno specchio riproduce sì fedelmente i tratti della persona ma non partecipa alla natura umana del soggetto. Il Cristo invece partecipa alla stessa natura divina del Padre, ed è colui che rende visibile in modo chiaro il Dio invisibile.
Gesù Cristo, “immagine di Dio”, assolve due compiti: rende visibile il Dio invisibile (il Padre) e rende comprensibile il creato. L’apostolo Paolo afferma che “l’amato Figlio” è il “primogenito (prototokos) di ogni creatura” (1,16): non nel senso che sia stato creato, bensì che egli è all’origine della creazione, poiché in lui e in vista di lui tutte le cose sono state create. Egli ha il primato su tutto. Presiede, dirige e orienta tutta la creazione. È il fine per il quale il mondo è stato creato. L’inno svela così che fin dall’inizio vi è un obiettivo o un proposito positivo nella creazione: tutto viene creato in vista di lui.
Questa attenzione nella progettazione del creato fa sì che Cristo non sia più solo l’unigenito, ma diventi anche il primogenito. Il primo si colloca ancora nell’ordine creaturale, il secondo nell’ordine nuovo stabilito da Cristo con la sua risurrezione. Vi è dunque per Cristo un primato antecedente e uno conseguente, in relazione al creato e in relazione alla signoria universale sull’umanità redenta. La primogenitura di Cristo è da intendere nel senso ontologico e cronologico, non solo con una precedenza nel tempo ma altresì una preminenza sul creato, in senso di eccellenza e non tanto di anteriorità. Cristo è colui dal quale tutto ha inizio. È il principio vitale nascosto in tutte le cose. È causa effettiva e fine ultimo di tutto. È il punto di riferimento necessario. Per ogni cosa egli è la possibilità di continuare ad esistere. Siccome vi è in lui la pienezza della divinità, la pienezza di Cristo è pienezza di vita per il creato.
Le due strofe dell’inno celebrano Cristo come il primogenito di tutta la creazione (1,13-17) e come il primogenito dai morti (1,18-20). Alla cristologia cosmica della prima strofa dell’inno corrisponde la soteriologia della seconda strofa. Creazione e redenzione sono rapportate reciprocamente. Cristo presiede, dirige e orienta tutta la creazione. Egli ha il primato su tutte le cose. L’inno celebra la regalità di Cristo, Signore dell’universo. È un canto di lode al Cristo trionfatore che ha fatto della sua risurrezione una nuova creazione. La nuova creazione, riconciliata con Dio, riceve pienezza dal Cristo. Il fondamento di tutto sta nella sua divinità.
Dopo il Cristo creatore, la seconda parte dell’inno (1,18-20) celebra Cristo salvatore. Anche se non è presente il termine, tuttavia chiara ne è l’idea. Il Cristo è il solo capo del corpo, cioè della chiesa, avendo egli fatto la pace mediante il sangue della croce. È sempre in vista di una esaltazione della superiorità di Cristo che continua l’inno. Riprende il concetto che egli è “principio e primogenito”. Qui c’è uno dei concetti principali del primato: essere fonte di vita. Egli occupa il primo posto, non perché ha bisogno di essere salvato, ma perché ha sperimentato per primo il morire e il risorgere. Egli è principio e primogenito dai morti: sia perché si trova alla testa, sia soprattutto perché gli altri senza di lui non avrebbero vita. Poiché Cristo è il primogenito di quelli che risorgono dai morti, ed è il capo del corpo, cioè della chiesa, in lui i cristiani prendono parte alla vita di risurrezione. Nella risurrezione di Cristo, dunque, è garantita quella degli altri: cioè la nostra risurrezione.