Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

Una delle cose su cui siamo tutti, o quasi tutti, d’accordo è il canone chiuso. Vale a dire: non ci sono nuove rivelazioni che vanno aggiunte al Nuovo Testamento. Uno dei criteri usati dai primi cristiani per riconoscere un libro come ispirato da Dio, e dunque facente parte del canone, era l’“apostolicità”, ovvero il libro doveva essere stato scritto da un apostolo di Cristo o da un discepolo degli apostoli. Luca nel suo prologo riferisce che in molti intrapresero a scrivere una narrazione dei fatti accaduti tra noi e tramandati dai testimoni oculari (1,1-4). Non tutti gli scritti del I secolo (per i secoli successivi il problema non si pone) sono entrati a far parte dei libri del Nuovo Testamento, bensì soltanto quelli che il Signore  ha voluto che costituissero il canone biblico. L’esclusione di un libro dal canone biblico non necessariamente significava che quel libro avesse dei contenuti settari o delle dottrine eretiche. Poteva voler dire, come lascia intendere Luca, che lo scritto era insufficiente, non abbastanza accurato e ordinato nei fatti. Altra cosa è la letteratura settaria, eretica, che circolava in certi ambienti già nel I secolo e aveva lo scopo di sovvertire e turbare la fede dei cristiani. Avere un canone chiuso permise di stabilire un principio importante: la fede è stata tramandata una volta per sempre negli scritti del Nuovo Testamento. Pertanto tutto ciò che è al di fuori del Nuovo Testamento è semplicemente riflessione teologica, quando non è letteratura eretica. La letteratura teologica, è bene ripeterlo, non è necessariamente eretica o intrisa di errori dottrinali: spesso si tratta di scritti di tipo esortativi, edificanti, con intenzioni apologetiche o catechetiche. Tuttavia, la riflessione teologica è un prodotto del pensiero umano, che non gode del carisma dell’ispirazione e dell’infallibilità. Perciò si commette un errore grossolano se la si assume a norma di fede.


Recentemente, alcuni teologi appartenenti al mondo evangelico, impegnati nella ricerca dell’unità dei cristiani (causa nobilissima), hanno posto il problema di dove trovare una confessione di fede comune a tutti, che contenesse gli elementi essenziali su cui ricostruire l’unità della chiesa. Le domande emerse sono sostanzialmente due. La prima: esistono delle dottrine essenziali, non negoziabili? La seconda: dove trovare l’elenco delle dottrine che costituiscono il fondamento del cristianesimo? Le risposte date sono molte e variegate, tante quante sono le chiese coinvolte. Tutti dicono che il cristianesimo non può accogliere come vere le dottrine false. Eppure non c’è consenso su ciò che deve essere considerato vero ed essenziale. L’elenco delle dottrine ritenute  fondamentali varia da una chiesa a un’altra. E i criteri adottati non sono gli stessi. Diversi sono gli approcci ermeneutici e differenti le prospettive normative. Tutti si richiamano alla Scrittura, poi però pongono accanto ad essa altre fonti. È noto il paradigma cattolico di  Bibbia e Tradizione. Meno noti invece sono gli approcci di chi si appella alla Scrittura ma pone accanto ad essa qualcos’altro: il Credo Apostolico (attribuito agli apostoli, ma in realtà si tratta di uno scritto del IV secolo), il consenso dei primi secoli della chiesa indivisa, i primi concili ecumenici (quattro per alcuni, sette per altri), i Padri della Chiesa, i grandi teologi dell’antichità (tra questi spicca Agostino d’Ippona), le confessioni di fede, gli scritti di Lutero e quelli di Calvino. Non entro qui a fare una valutazione di questi diversi approcci, mi limito piuttosto a esporre il mio pensiero, in breve.


In merito alla prima domanda. Il Nuovo Testamento ci insegna che ci sono delle dottrine vere (che creano uno stile di vita come piace a Dio) e delle dottrine false (che affossano l’uomo nel peccato). C’è la verità e c’è l’errore. C’è il Vangelo di Cristo e c’è pure un “vangelo diverso, adulterato”. Ci sono i ministri della Parola, ma ci sono pure i falsi apostoli e profeti. Perciò i cristiani sono chiamati a ritenere soltanto ciò che il Nuovo Testamento insegna, e a rigettare le dottrine ad esso contrarie e del tutto estranee. In merito poi alla seconda domanda. Nella Bibbia troviamo tutto ciò che è essenziale e che necessita alla salvezza. Non abbiamo bisogno d’altro. In essa troviamo pure i criteri per distinguere il vero dal falso; la vita e la morte ci sono poste dinnanzi.


E dunque, tutto ciò che è essenziale per la salvezza dell’uomo si trova nel Nuovo Testamento (nella Bibbia). Non abbiamo bisogno d’altro, poiché il di più viene dal maligno. Nella Scrittura è Dio che ci parla, ci ammaestra e ci insegna a conoscere suo Figlio, Gesù Cristo. Mentre in tutti gli altri scritti menzionati prima è l’uomo che parla e che riflette su Dio e la Rivelazione. E la riflessione teologica a volte è giusta, buona, utile, edificante, ma altre volte è sbagliata, dannosa e diabolica.

Paolo Mirabelli

28 settembre 2017

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Non basta possedere la Bibbia: bisogna leggerla. Non basta leggere la Bibbia: bisogna comprenderla. Non basta comprendere la Bibbia: bisogna viverla.

“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

Trova il tempo per pensare; trova il tempo per dare; trova il tempo per amare; trova il tempo per essere felice. La vita è troppo breve per essere sprecata. Trova il tempo per credere; trova il tempo per pregare; trova il tempo per leggere la Bibbia. Trova il tempo per Dio; trova il tempo per essere un discepolo di Gesù.